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Medusa Edizioni

Sillabe di un appello

Sillabe di un appello

Giovanni Granatelli

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 84

Versi come echi di una domanda imprescindibile, incancellabile, di un appello che risiede nel nucleo di ogni voce e di ogni gesto. Poesia sempre in bilico tra desiderio e disperazione, tra incanto e disincanto, strenuamente determinata a interrogare occasioni, circostanze, paesaggi, a cercare una concreta abitabilità dell'esistenza, rinvenuta innanzitutto in un catalogo di nomi, di volti concreti, nella possibile alleanza e compagnia fra esseri umani, lungo il bordo di ciò che ha senso e di ciò che non ne trova.
10,00

Descrizione del marxismo

Descrizione del marxismo

Roger Caillois

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 127

Descrivere una potente ideologia come illusione durevole, questo l'intento dello studio di Roger Caillois. Quando l'oggetto della descrizione stessa è il marxismo, il presunto nucleo teorico del pensiero del filosofo tedesco di nome Karl Marx, ideologia e illusione suonano però oggetti meritevoli di un interesse specifico. Occorre mostrarne il reale funzionamento, la struttura dottrinaria e, soprattutto, la loro trasformazione in un'ortodossia esigente e inconfutabile, proprio come fosse una scienza. L'argomentazione di Caillois, in realtà, tocca il nervo scoperto del Novecento politico: il rapporto necessario e pure contraddittorio con la scienza del complesso dottrinario sostenuto allora dal blocco statuale sovietico e dai potenti partiti comunisti occidentali. Oppure da chiunque potenzialmente avesse voluto approfittare delle certezze che offre il metodo scientifico per affermare una visione del mondo o una tattica politica di dominio e potere. A cosa serve un'ortodossia se non a confermare con il ricorso a una scienza piegata ai dogmi di partito qualcosa che appartiene di diritto alle libere scelte politiche degli uomini nel loro comporsi e disfarsi in partiti e fazioni? Dalla "philosophia ancilla theologiae" a una "scientia ancilla politicae" il passo è breve e il marxismo ha cercato di compierlo fino a dissolversi. Prefazione di Riccardo De Benedetti.
14,00

Attendersi il peggio realizzare il meglio. Tre conversazioni con Max Horkheimer

Attendersi il peggio realizzare il meglio. Tre conversazioni con Max Horkheimer

Otmar Hersche, Gerhard Rein, Grytzko Mascioni

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 117

Queste tre conversazioni con Max Horkheimer intrecciano i temi consolidati del suo pensiero con i nuovi problemi che si affacciavano con intensità all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso. La contestazione studentesca, già in parziale riflusso ma i cui effetti non voluti cominciavano a essere visibili; l'idea di rivoluzione e il suo inaspettato, e pericoloso, rilancio dopo i fallimenti lucidamente riscontrati dalla Scuola di Francoforte; il ruolo della scienza e la critica al positivismo. In queste pagine, rischiarate da una insospettabile capacità di sintesi e raccoglimento intorno al nucleo essenziale del suo pensiero, scorre il senso di una ricerca che sfocia, inaspettatamente, nella riscoperta delle categorie teologiche. Non come indice di una verità da contrapporre a quella scientifica bensì come nuovi ed essenziali punti di riferimento per l'azione dell'uomo. Se saltano questi, come ormai era chiaro che stava accadendo, si modifica il modo stesso dello stare al mondo dell'uomo, il suo significato e la sua comprensibilità. Nell'ultima delle interviste emerge il ritratto di un uomo che nell'attesa serena della morte raccoglie il senso di un'esistenza nell'affetto portato al ricordo della moglie e agli amici di un tempo che si allontana velocemente verso l'incognito.
13,00

Fuori servizio. Note per la manutenzione di Marcel Duchamp

Fuori servizio. Note per la manutenzione di Marcel Duchamp

Maurizio Cecchetti

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 312

Duchamp ci ha "educati" al nonsense nell'arte visiva. Ogni sua opera è al tempo stesso rappresentazione della fine dell'arte come l'abbiamo conosciuta per secoli e uno "scherzo". Pensiamo a un orinatoio trasformato in opera d'arte o al graffio sul volto della Gioconda dove la "didascalia" di cinque lettere rimanda a una segreta e impensabile frenesia erotica della donna più sfuggente che la pittura ci abbia dato. Duchamp è l'emblema precoce di quello slittamento dell'arte dal confine strettamente estetico verso quello antropologico. Ma oggi vediamo che questa svolta rappresenta il maggiore problema dell'arte attuale, che ha perduto il suo pubblico tradizionale e le sue regole auree (diventando comunicazione). Quanto ha pesato Duchamp in questa evoluzione? Molto. E a renderlo ancora più presente oggi c'è la sua strategia fondata sulla reticenza e l'ambiguità. Che cosa si può fare quando si ha di fronte "qualcuno" o "qualcosa" cui non si riesce a cavare di bocca una parola, che si chiude orgogliosamente nel proprio solipsismo? Che fa di tutto per deviare verso strade senza uscita l'intelligenza di chi vuole capire che cosa ha da dirci? O si abbandona la partita oppure si cerca di far parlare i pochi indizi, anche mistificatori, che l'ermetico artefice dissemina per rendere ancor più impenetrabile la propria opera. Questo saggio accetta la sfida e adotta come metodo l'eccentricità del punto di vista che osserva il proprio oggetto di studio da punti periferici, ovvero da una certa distanza come se non volesse interferire troppo col mito che manipola sapientemente ogni risposta venga data all'enigmatica forma delle sue opere. Mettere "fuori servizio" Duchamp equivale all'epochè fenomenologica: è una temporalità sospesa che, oltre a essere tema della strategia di Duchamp, isola provvisoriamente l'oggetto per poterlo valutare con maggiore chiarezza nel contesto storico-culturale. Mettere "fuori servizio" Duchamp è come assecondare la sua volontà di asceta che tenta la fuga perché del mondo in cui vive prova disgusto: il contemptus mundi di chi aspira all'eternità è un tema che in Duchamp si manifesta con una freddezza (o secchezza, come avrebbe detto lui) che compensa nell'arte la soggezione agli appetiti sensuali cui Duchamp come uomo non si nega, ma poi sublima con "tecniche dell'inganno" che ne dissimulano la natura ibrida che cerca nel mito dell'androgino primordiale la via di fuga dalla carnalità. Come un antico gnostico o un santo del deserto.
22,00

Fuori servizio. Note per la manutenzione di Marcel Duchamp

Fuori servizio. Note per la manutenzione di Marcel Duchamp

Maurizio Cecchetti

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 310

Duchamp ci ha "educati" al nonsense nell'arte visiva. Ogni sua opera è al tempo stesso rappresentazione della fine dell'arte come l'abbiamo conosciuta per secoli e uno "scherzo". Pensiamo a un orinatoio trasformato in opera d'arte o al graffio sul volto della Gioconda dove la "didascalia" di cinque lettere rimanda a una segreta e impensabile frenesia erotica della donna più sfuggente che la pittura ci abbia dato. Duchamp è l'emblema precoce di quello slittamento dell'arte dal confine strettamente estetico verso quello antropologico. Ma oggi vediamo che questa svolta rappresenta il maggiore problema dell'arte attuale, che ha perduto il suo pubblico tradizionale e le sue regole auree (diventando comunicazione). Quanto ha pesato Duchamp in questa evoluzione? Molto. E a renderlo ancora più presente oggi c'è la sua strategia fondata sulla reticenza e l'ambiguità. Che cosa si può fare quando si ha di fronte "qualcuno" o "qualcosa" cui non si riesce a cavare di bocca una parola, che si chiude orgogliosamente nel proprio solipsismo? Che fa di tutto per deviare verso strade senza uscita l'intelligenza di chi vuole capire che cosa ha da dirci? O si abbandona la partita oppure si cerca di far parlare i pochi indizi, anche mistificatori, che l'ermetico artefice dissemina per rendere ancor più impenetrabile la propria opera. Questo saggio accetta la sfida e adotta come metodo l'eccentricità del punto di vista che osserva il proprio oggetto di studio da punti periferici, ovvero da una certa distanza come se non volesse interferire troppo col mito che manipola sapientemente ogni risposta venga data all'enigmatica forma delle sue opere. Mettere "fuori servizio" Duchamp equivale all'epochè fenomenologica: è una temporalità sospesa che, oltre a essere tema della strategia di Duchamp, isola provvisoriamente l'oggetto per poterlo valutare con maggiore chiarezza nel contesto storico-culturale. Mettere "fuori servizio" Duchamp è come assecondare la sua volontà di asceta che tenta la fuga perché del mondo in cui vive prova disgusto: il contemptus mundi di chi aspira all'eternità è un tema che in Duchamp si manifesta con una freddezza (o secchezza, come avrebbe detto lui) che compensa nell'arte la soggezione agli appetiti sensuali cui Duchamp come uomo non si nega, ma poi sublima con "tecniche dell'inganno" che ne dissimulano la natura ibrida che cerca nel mito dell'androgino primordiale la via di fuga dalla carnalità. Come un antico gnostico o un santo del deserto.
21,00

Saggio sul pensiero reazionario. A proposito di Joseph de Maistre

Saggio sul pensiero reazionario. A proposito di Joseph de Maistre

Emil M. Cioran

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 116

Fin dal titolo, "Saggio sul pensiero reazionario", questo libro affronta uno stile di pensiero sul quale è stato gettato troppo facilmente, e senza tanti complimenti, l'anatema politico-culturale. A rappresentarlo degnamente è convocato Joseph de Maistre (1753-1821), pensatore savoiardo campione di ogni reazione, controrivoluzionario professo e militante, e insieme lucido descrittore delle contraddizioni della Rivoluzione. Cioran ne esplora la logica e i risvolti teorico-politici, con lo sguardo di chi si sente lontano dalle sue prospettive ma nello stesso tempo ne riconosce la forza e l'attrattiva in un mondo nel quale le parti della Reazione e della Rivoluzione spesso si intrecciano e si rovesciano dando vita a una dialettica nei cui nodi inestricabili forse siamo ancora coinvolti e dai quali stentiamo a uscire. Come anche il dibattito sociale e politico dei nostri giorni è impegnato continuamente a dimostrare.
13,00

Il volo delle rondini. Conversazioni con Julio Cortázar

Il volo delle rondini. Conversazioni con Julio Cortázar

Autori vari

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 123

Le interviste a grandi scrittori - avverte Luana Salvarani nell'Introduzione - obbediscono a una tacita convenzione: il lettore non saprà mai se quello che legge costituisce lo "sfondo", la radice biografica delle loro costruzioni letterarie, o se l'intervista a sua volta costituisca un'altra costruzione letteraria di diverso genere. Da qui il fascino del "Questionario di Proust", dove, giocando a rispondere a una serie di domandine salottiere, il perfido Marcel ci offre per un attimo l'illusione di avere qualche strumento in più per dipanare il labirinto della Recherche. Illusione pericolosa e che tuttavia costituisce il fascino del "gioco dell'intervista". Anche in queste interviste, come nel più celebre romanzo di Cortázar, Rayuela, il lettore è invitato implicitamente a prendersi le proprie responsabilità, a scegliere e gerarchizzare le preziose informazioni fornite, a capire cosa sia report, cosa appartenga al campo dell'automitologia e quando accade che l'autore entri in un proprio personaggio. Personaggi così vissuti che accade, in queste pagine, che l'autore sostenga «Oliveira pensa che», «rispondo anche a nome di questo mio personaggio». Una folla di alter ego in cui lo stesso Cortázar rifiuterebbe di identificare un vero sé. L'unicità dell'essere in ogni singola circostanza gli impedisce di tracciare un ritratto unitario dell'io "biografico", "vero". Che tuttavia in queste interviste a suo modo si svela, forse soprattutto attraverso due temi: la riflessione sulle strutture romanzesche e il rapporto con la politica.
14,00

In guerra con me stesso. Due conversazioni con Jacques Derrida

In guerra con me stesso. Due conversazioni con Jacques Derrida

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 91

Due interviste, solo in apparenza tra loro lontane nel tempo. La prima del 1986, in tv, con Didier Cahen di "France-Culture"; l'altra, due mesi prima della sua morte, apparsa su "Le Monde" il 19 agosto 2004 con Jean Birnbaum. In realtà vicine per i temi discussi e lo spirito con cui il lavoro filosofico di Jacques Derrida viene affrontato per il pubblico vasto e indifferenziato della tv e del maggior quotidiano francese. Nella prima il congedo, lungo e articolato, dalla tradizione filosofica metafisica si intreccia con le precisazioni, molto chiare, sul modo di intendere la "decostruzione". Nella seconda, quando Derrida è in vista dell'ultimo vero congedo, quello dalla vita, un certo velo di malinconia sorregge la descrizione della fragilità e insieme della finezza di tutto il lavoro concettuale fino ad allora svolto. Emerge una visione della filosofia orgogliosa del proprio lascito e nello stesso tempo consapevole della precarietà con cui ogni tradizione, anche quella che apparentemente ne vorrebbe volentieri fare a meno, deve fare i conti, a partire dalla lingua stessa con cui cerca di esprimersi. Due testimonianze dell'intensità di un pensiero spesso frainteso.
12,00

Più del colera la solitudine. Conversazioni con García Márquez

Più del colera la solitudine. Conversazioni con García Márquez

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 123

Due conversazioni con lo scrittore latino-americano sulla sua opera letteraria alla vigilia del Premio Nobel che riceverà nel 1982. Il romanzo che lo identifica per il grande pubblico, "Cent'anni di solitudine", lo vincola anche a una responsabilità del successo ottenuto, che diventa in certi momenti persino "ingombrante" e lo spinge a dire: «Ne ho piene le tasche di questo Garcia Màrquez». Da queste interviste emergono gli intrecci strettissimi con l'esperienza giornalistica come reporter in molte parti del mondo, le influenze sulla sua scrittura - dalla giovanile infatuazione per La metamorfosi di Kafka alla scoperta di Faulkner -, ma anche la sua visione politica, legata al socialismo, con la difesa di Fidel Castro e la condanna della distorsione dell'ideale di uguaglianza ed emancipazione dell'uomo da parte dell'Unione Sovietica. Tutto comincia dalla realtà, confessa Garcia Màrquez, ma è l'immaginazione che rende credibile ciò che può anche sembrare se non surreale certamente un frutto del sogno. Quel volo onirico è un balsamo al senso della propria solitudine che lo spinge a raccontare. Lo scrittore confessa che la sua ricerca consiste nel ritrovare quella verità "orale" che avevano i racconti magici della nonna, e afferma che a un autore tutto è permesso a patto che il suo racconto venga creduto da chi lo legge come una realtà possibile. In queste conversazioni c'è tutto il distillato poetico della scommessa narrativa del grande scrittore. Con un saggio di Harold Bloom.
14,00

Eutanasia e suicidio. Liberi di morire?

Eutanasia e suicidio. Liberi di morire?

Robert William Higgins, Karl Löwith, Ersilio Tonini

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 112

"Scandagliando i modi con i quali viene impiegata la possibilità di protrarre la vita in situazioni prima non immaginabili, soprattutto attraverso le cure palliative, il saggio di Higgins descrive il comparire sulla scena antropologica occidentale della figura del morente. La ricchezza di sfumature antropologiche e di dilemmi morali, così introdotti sembra cancellata dall'imporsi di una sola autorità, di un solo parere legittimo al quale il corpo del paziente, nella sua totalità, deve essere reso disponibile: quello del complesso tecno-medico-legale. È in questa prospettiva che trovano la loro giustificazione le proposte relative a una presa in carico, legale e morale, da parte del soggetto delle condizioni nelle quali si potrebbe trovare con la comparsa di patologie e malattie sulle quali l'autorità tecno-medica avrebbe da esercitarsi oltre i termini consentiti dal paziente stesso. È quindi tra lo Scilla della moltiplicazione di potenza fornita alla medicina dalla tecnologia e il Cariddi della fragilità dell'uomo singolo che si pongono le soluzioni contraddittorie della modernità. Da un lato, è infatti parte attiva nella costruzione di un futuro tecnico dai risultati impensabili e dall'altro, si trova nella condizione di sostenere in virtù di questi stessi risultati la spinta a sottrarsi con la morte a ciò che ancora non è compiuto. Il rischio è che, in entrambi i casi, a perire sia la stessa natura umana, almeno così come ne abbiamo avuto esperienza finora. Ma la trama del discorso moderno sul suicidio e l'eutanasia trova piena espressione nelle pagine di Löwith. Il suicidio ha smesso, almeno nell'Occidente che una volta si considerava cristiano, di essere colpito da anatema ed espulso dal riconoscimento sociale e sacramentale che si deve ai morti. La vita non è più di Dio o, peggio, del signore feudale, la vita è disponibile alla libera scelta dell'individuo che può decidere come e quando terminarla. Il suicidio moderno, almeno quello occidentale - il discorso su quello orientale è molto più articolato e complesso - appare come una semplice estensione dei diritti e delle prerogative che l'individuo occidentale moderno rivendica a se stesso." (dall'introduzione di Riccardo De Benedetti)
12,00

L'ultima leggenda di Caino

L'ultima leggenda di Caino

Miguel de Unamuno

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 131

«Unamuno plasma come argilla la storia di Caino e Abele - scrive Alessandro Rivali nella Prefazione -, mischiando i loro lineamenti e interrogandosi sulle zone lasciate in ombra dalla scarna e così potente narrazione biblica. Chi era davvero Abele? Chi Caino? Lo scrittore spagnolo indaga il tarlo che spolpò le esistenze dei due fratelli, che chiuse anzitempo gli occhi all'uno, che marchiò la vita dell'altro, costretto a un'esistenza di deserti e solitudini: sempre in fuga, bruciato dall'esilio, senza la possibilità di relazioni autentiche. I fratelli divisi: un tarlo che ha interrogato classici vicini e lontani, da Eteocle e Polinice fino al partigiano Kyra e al suo fratello maggiore, ufficiale fascista, raccontati da Beppe Fenoglio nell'epopea del Partigiano Johnny. Lo sguardo di Unamuno è di ossidiana, nero e lucente. Vuole comprendere il male, l'origine della discordia e, quindi, la natura dell'invidia. Ecco allora rinascere il dramma dei due amici fraterni, Abele Sànchez e Joaquin Monegro, in un'ipotetica Spagna di primo Novecento. Abele Sànchez è l'"eletto". Il primo della classe, distante quanto antipatico nella sua perfezione, lontano dal pastore in qualche modo zuccheroso del nostro immaginario. Abele è un pittore di talento. È "ambizioso di fama, di gloria, di notorietà". Crea personaggi così intensi che sembrano veri. Come nell'antichità l'uva dipinta da Zeusi che ingannava gli uccelli che scendevano a lacerare le sue tele. Con la sua arte, Abele sembra capace di risuscitare i morti, di farli uscire dall'intelaiatura delle cornici. Abele è bello, ma non buono. Soffia la vita nei quadri, ma non ha specchi per esaminare la propria anima. È un narciso senza rimedio. Gli altri uomini per lui sono comparse sbiadite, scalini da superare. Le donne, poi, trofei da collezione. Almeno fino all'incontro con la bellissima e sfuggente Elena, che lo porterà a un tragico lento destino...».
14,00

Kafka umorista

Kafka umorista

Guido Crespi

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 138

L'analisi della comicità in Kafka di Guido Crespi ha una carica innovativa rispetto all'interpretazione che di Kafka vede solamente l'artefice di un'opera che contestava dall'interno le ragioni che rendono possibile il totalitarismo. È evidente, come scrisse Kundera nei "Testamenti traditi" che lo scrittore, lungi dall'essere alienato dal suo riso, in realtà "si diverte per noi" mentre inscena le sue storie condendole con crudeltà e sadismo, tanto più notevoli perché serviti freddi con una prosa al tempo stesso allusiva e trasparente (in apparenza, ma sempre con la doppia camera di compensazione del "simbolo nascosto"). David Foster Wallace nel 2005 scrisse che "la comicità di Kafka dipende da una sorta di letterarizzazione radicale di verità solitamente trattate come metafore" dispiacendosi di non essere capace di far comprendere ai propri studenti "che Kafka è comico". Il maggior studioso contemporaneo dello scrittore boemo, Reiner Stach, si è voluto concedere alla fine del monumentale lavoro biografico durato circa vent'anni, un libro propriamente "kafkiano", ovvero composto con "99 reperti" che ci offrono tutti insieme i tratti somatici dell'Uomo-Metamorfosi. Eccone alcuni: "Kafka bara all'esame di maturità", "Kafka s'infuria", "Kafka vorrebbe essere come Voltaire", "Kafka e Brod perdono al gioco i soldi della cassa comune per il viaggio". Il ritratto che ne esce, dove si mettono a nudo i tic di un uomo apparentemente come altri, ma che delle sue ossessioni - compresa quella sessuale, su cui il comico di Kafka si sbizzarrisce non poco (la sua Brunelda era rimasta nel cuore di Fellini, anche se non riuscì a farci il film che avrebbe desiderato, all'incrocio fra la Gradisca e la Grosse Margot) - ha saputo darci il succo più puro e per questo anche il più pericoloso, è a tutti gli effetti una maschera da Commedia dell'arte e non è da escludere che la figura longilinea di Kafka, i suoi tratti minuti e appuntiti del volto, possa trasformarsi nel burattino del ventriloquo, in perfetto abito di gala, che apre e chiude la sua bocca per pronunciare battute franche e crudeli a cui si dà ascolto come un divertimento ma che arrivano a toccare i nostri più nascosti orgogli. Come il saggio di Crespi dimostra. Prefazione di Alessandro Paci.
16,00

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