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Medusa Edizioni

I pericoli della corte. Novella

I pericoli della corte. Novella

Eugène Delacroix

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2020

pagine: 118

Il giovanissimo Eugène Delacroix, ben prima di Norbert Elias, si applica ad osservare e persino a criticare i meccanismi e la condotta della società di corte. Lo fa severamente con questo "I pericoli della corte", col candido sdegno di un adolescente "nato bonapartista, cresciuto in piena epopea napoleonica", di fronte al singolare scenario della monarchia in un periodo, appena successivo al Congresso di Vienna, dove si tentò di ripristinare le prerogative regali. Studente del Lycée Impérial Delacroix non si impegnò certo in un'approfondita analisi, e neppure con un trattato, per il quale non poteva ancora avere gli adeguati strumenti. La sua presentazione dei vizi e dei torti di quella società assume invece la forma di una narrazione edificante. Per esporre le nequizie della corte reale, luogo di fatue parvenze e oscure bassezze, racconta l'esperienza di un giovane svizzero, protagonista della novella (mai tradotta in italiano), figlio unico di un pastore protestante di un villaggio della Svizzera. Delacroix, da una prospettiva repubblicana, descrive l'iniziale fascinazione del ragazzo per quell'ambiente tanto lontano dalla sua condizione abituale, fatta di sensate letture e di salutari escursioni montane, e il successivo disgusto per la frequentazione di quel milieu così estraneo. Il soggiorno tra i cortigiani servirà a maturarlo facendogli apprezzare una vita di riserbo e di studio di sé. Bisognerà seguire l'esempio del giovane?
13,00

Scritti sulla fotografia

Scritti sulla fotografia

Pierre Mac Orlan

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2020

pagine: 128

"Mi torna in mente un pomeriggio trascorso a Londra nel quartiere cinese, a Pennyfields. La nebbia conferiva alle ragazze sbronze davanti alla porta delle loro case in mattoni, una dignità e un onore da museo Grévin. Lo spettacolo di quelle figure di cera perse nella nebbia poteva far nascere qualche idea. Mi affrettai a scattare qualche foto, rapidamente, a casaccio. Poi le feci sviluppare. Non erano venute bene ma mi procurarono delle sensazioni meravigliose. In una di queste, in primo piano si vedeva una porta con la vetrata rotta. Al suo posto era stato incollato un manifesto in caratteri cinesi. La strada era ripresa in tutta la sua lunghezza. Si vedevano tutte le porte che si aprivano sul marciapiede di destra. E nel vano di ogni porta appariva una gonna femminile, solo una gonna perché tutte le ragazze di cera si erano affrettate a ritirarsi vedendomi armeggiare con la macchina fotografica. In primo piano, una gamba molto bella e l'orlo di un abito si associavano al manifesto cinese. Il mistero iniziava da questa gamba". Gli scritti di Pierre Mac Orlan sulla fotografia sono sempre sospesi a questo sguardo che incarna la poetica del "fantastico sociale". Lo scrittore del "Porto delle nebbie" e di molti altri libri che gli diedero il successo nella prima metà del Novecento, aveva una predilezione per la nuova arte e nel 1929 scrisse che "la fotografia è un'arte di espressione letteraria". In questo libro che per la prima volta presenta al lettore italiano, Mac Orlan parla della Parigi di Atget e di Kertész, dello sguardo di Cartier-Bresson e del mondo che appare negli scatti di Willy Ronis. Mai tecnico, sempre calato nei mondi che la fotografia sa far lievitare e rendere nella loro segreta verità, questi scritti occasionali non sono affatto una parte minore dell'arte letteraria di Mac Orlan.
15,00

Duchamp e gli altri. Scritti sui pittori

Duchamp e gli altri. Scritti sui pittori

Robert Desnos

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 153

L'Italia ha fino a oggi poco approfondito l'apporto che Robert Desnos ha dato alla poesia e alla critica, pur essendo egli un talento poliedrico che ha indagato molteplici ambiti dell'espressione creativa, da quella letteraria a quella visiva, dal cinema alla musica. La sua fede surrealista, fondata sulla sintesi di amore e libertà (analoga a quella di René Crevel) si esalta nell'esperienza del sogno praticata attraverso l'ipnosi: più che un superlativo, quando dice di aver fatto «atto di surrealismo assoluto» intende proprio questa proiezione interiore verso il confine dove la realtà si rivela altro da sé. La fedeltà realista al surreale ispira ogni tentativo di Desnos, poiché egli altro non vuole che essere il "medium" del mai visto. A questa particolare sintesi di immagine e parola come forma del rebus (vedi Duchamp) si rifà la sua idea di pittura "medianica": apparizione del segno come frase misteriosa travestita da figure. Il calembour verbo-visivo è un gioco in cui scrittura e immagine si alleano e ne deriva «il significato segreto che l'immagine esibisce». La sua polemica contro il gusto nasce dalla certezza che ciò che può emergere spontaneamente dalla psiche in piena libertà è più importante dei canoni artistici. La firma dell'artista su un foglio bianco - ancora Duchamp - è già opera d'arte. Occorre liberare l'iniziativa individuale. Dopo Duchamp e Breton, Desnos alla fine però abbraccia il combattimento "contro la morte" di Picasso. Una conferma dell'eterna lotta fra apollineo e dionisiaco.
16,00

Lo scrittore e lo specchio. Moralismo e letteratura

Lo scrittore e lo specchio. Moralismo e letteratura

Jacques Rivière

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 116

Rivière è un maestro che occorre oggi riprendere in mano, perché le sue idee e il suo stile conservano quella "informalità" che lo rende autore al tempo stesso classico e moderno. Come direttore della "Nouvelle Revue Française" cercò di mantenere sempre questo equilibrio, che lo portava a cogliere il nuovo senza negare ciò che lo precedeva, come invece accade in certe avanguardie. Grande cultore della musica, della poesia e delle arti visive, resta traccia di questi suoi molteplici interessi critici il libro Études dove sono raccolti i saggi su Baudelaire, Gide e Claudel, ma anche su musicisti come Rameau, Bach, Franck, Wagner, Moussorgski, Debussy e su pittori come Ingres, Cézanne, Gauguin. Rivière ha intuito presto l'importanza di poeti come Baudelaire e Rimbaud, ha sostenuto autori come Alain-Fournier (di cui sposò la sorella Isabelle), Mauriac, Aragon, Valèry, Artaud. Forse oggi si fatica a comprendere che cosa fosse in quell'epoca l'esercizio quasi quotidiano della corrispondenza fra autori e amici, ma i carteggi di Rivière con Alain-Fournier, Proust e Claudel sono vere e proprie occasioni di riflessione sui destini e sull'importanza della letteratura, e si possono leggere anche come palinsesti di saggi da scrivere. I due testi di Rivière qui raccolti sono frutto di conferenze che l'autore tenne in dialogo con Ramón Fernàndez. In esse si dipana compiutamente la poetica critica di Rivière.
15,00

La passione di Ubu roi. Testi e iconografie sacre

La passione di Ubu roi. Testi e iconografie sacre

Alfred Jarry

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 104

A un certo punto della sua vita Alfred Jarry s'identificò col suo personaggio più celebre: Ubu roi. Prevedibile. Eppure il dileggio, il sarcasmo, l'assurdo da lui rappresentato emergono da un sottofondo immaginativo e iconografico insospettabile le immagini della tradizione popolare, impresse sulle xilografie sacre distribuite nelle fiere e nei luoghi di raduno del popolo minuto. Nella rivista "L'Ymagier", fondata e condotta con l'amico Rémy de Gourmont proprio negli anni in cui nasceva Ubu roi, il grande anticipatore del surrealismo e di dada legge con partecipazione e pietà queste sacre immagini, consegnando al lettore un'insospettabile sensibilità visiva e religiosa. Il profondo palinsesto iconografico e testuale a cui danno espressione viene riportato alla superficie in modo che il lettore colga ciò che unisce, per esempio, Albrecht Dürer e le immagini della pietà popolare, e ne colga il sostrato teologico al quale attingono. Il precoce tentativo, mentre assieme al primo numero del "L'Ymagier" vedeva la luce anche il primo libro di Jarry, Les Minutes de Sable Mémorial (1894) - dove la clessidra si trasfigura nella Y che dà il marchio dell'originalità anche all'ortografia del titolo imposto alla rivista -, ci dà una singolare tavola "iconologica" dove testo e immagine si trovano in osmosi continua e mostrano un modo tutto nuovo di immaginare l'arte, come rileva nel saggio finale Hélène Védrine.
15,00

L'anima di Napoleone

L'anima di Napoleone

Léon Bloy

Libro: Copertina rigida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 127

«Non si tratta di un'ennesima vita di Napoleone - scrive Gennaro Auletta nell'introduzione -. E neppure di un'interpretazione del "caso Napoleone" secondo criteri di contingenza politica, sociale, militare, psicologica o che so altro. Bloy non è uno storico, nella comune accezione del termine; gli manca assolutamente la capacità di immergersi nel relativo e di cercarvi le cause o le concomitanze. "Non solo non sono uno storico, ma ignoro la storia. Bisogna vedere in me una specie di sognatore, di visionario, se vi piace, ma niente più", scriveva a Jean de La Laurencie il 31 agosto 1913; e questo perché "sarebbe un errore gravissimo e funestissimo credere che io sia un pensatore, un intellettuale. Io conosco in realtà poche cose e ho capito soltanto quello che Dio m'ha fatto capire quando mi son fatto simile a un bambino" (Lettera alla fidanzata, 31 ottobre 1889). Bloy sta sempre dalla parte dell'Assoluto, guarda le cose e gli uomini sub specie aeternitatis, e sotto questo aspetto può essere considerato benissimo come un originale, anche se non sempre accettabile, esegeta della storia, che possiede una sua filosofia o meglio teologia della storia». Ma questa edizione dell'Anima di Napoleone, che appartiene ai testi più visionari del grande scrittore cattolico francese e arriva a fare del Bonaparte "la Faccia di Dio nelle tenebre", ha dalla sua il cimento, ormai ottant'anni fa, nel 1939, di un grande autore italiano oggi forse misconosciuto, Domenico Giuliotti, che curò la traduzione del libro e scrisse per l'occasione un saggio e una "nota biografica" cariche d'ispirazione. Possiamo dire che su queste pagine si sono incontrate le voci di un profeta apocalittico e di un poeta amante della parola scabra e arcaica, accomunati dal sentimento intransigente di un cattolicesimo difeso fino all'ultima stilla di sangue ma senza passatismi, anzi attraverso una contundente e moderna plasticità della parola che testimonia la forza di idee e convinzione di entrambi.
15,00

Dei, geni e demoni incappucciati. Da Telesforo al «Moine Bourru»

Dei, geni e demoni incappucciati. Da Telesforo al «Moine Bourru»

Waldemar Deonna

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 177

Il saggio che qui si presenta, pubblicato nel 1955, si spinge dentro un territorio all'epoca poco esplorato: intende comporre una sorta di inventario delle forme visive e dei valori simbolici che convergono nella figura del cucullus, quella cioè connotata dal mantello con cappuccio. Il tema, apparentemente marginale, ma ricco di valori culturali e di significati simbolici, sotto la lente di Deonna rivela le sue lontane origini, che dal III secolo a.C., a Smirne e in Cirenaica, si allargano poi al mondo celtico, e infine si ritrovano ancora nel mondo etrusco e nell'epoca gallo-romana (fino a diventare una sorta di distintivo della cultura gallica). Il tipo sembra "sopravvivere" in una figura della cultura popolare, quella del Moine Bourru, sorta di uomo nero (Croquemitaine) incappucciato, che gli adulti evocavano ai bambini più piccoli per intimorirli e tenerli a bada. Ma, come fa notare fm dall'inizio Deonna, il mantello con cappuccio rimane in uso nel monachesimo cristiano lungo il Medioevo e la modernità, e ancora lo si ritrova nelle popolazioni ai poli opposti del pianeta, dagli eschimesi ai nomadi arabi, per non dire, nel suo aspetto più inquietante, dell'utilizzo che ne fanno alcuni gruppi politici come l'organizzazione razzista del "Ku Klux Klan" o, nella prima metà del Novecento, l'organizzazione filofascista francese "Cagoule".
19,50

Vite a perdere. Origine e destino del mito zombi

Vite a perdere. Origine e destino del mito zombi

Martino Doni, Stefano Tomelleri

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 177

Gli zombi esistono. La tesi di questo libro è semplice e terrificante: il mito dei morti viventi nasce nel "cuore di tenebra" del vudù haitiano, ma la radice del mito accompagna il progresso della storia, con le sue guerre, rivoluzioni, conquiste e sconfitte. I Caraibi si perdono sullo sfondo, la magia svapora, ma rimane il nucleo di una realtà che non smette di inquietare e di provocare. Usato come strumento di protesta, lo zombi serve agli artisti come Fela Kuti o i Cranberries, per mostrare la terribile degradazione della mente umana quando è soggiogata dal potere; oppure ai cineasti come Romero, per denunciare l'abbrutimento della civiltà di massa; oppure ai critici della cultura come Sloterdijk o Zizek, per descrivere le forme disumane del neocapitalismo... In questo libro si tenta un altro passo: se di mito si tratta, occorre scavare nella sua realtà. Il morto vivente esiste: è l'essere uccidibile. Nell'epoca delle democrazie in affanno, nel crinale autoritario delle politiche mondiali, lo zombi affolla i notiziari della tivù del dolore quotidiano. Riconoscerlo nella realtà è un atto per resistere all'apocalisse che il mito evoca. Prefazione di Rocco Ronchi.
15,00

Sant'Emanuele buono, il martire

Sant'Emanuele buono, il martire

Miguel de Unamuno

Libro: Libro in brossura

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2019

pagine: 90

"Come racconto filosofico e discorso teologico, Sant'Emanuele buono, il martire ha un centro: la fede. Credere o non credere è il dilemma cruciale. Che cosa è credere? Che cosa è dubitare? Perché scegliere di stare da una parte dell'uomo, piuttosto che da un'altra, perché votarsi al bene assoluto, perché adottare il modello dei modelli, la figura suprema, inarrivabile di Gesù? E perché Unamuno sceglie come epigrafe proprio la frase di san Paolo nel XV capitolo della Prima lettera ai Corinzi: «Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miserabili fra tutti gli uomini»?... Più che credere, è essenziale amare. L'uomo "miserabile" che cerca di credere, non deve sperare soltanto in Cristo, alimentando il sogno di un'immaginazione simile alle réverie fantastiche di un perdigiorno. Dovrà capire che non è l'unico centro del mondo, il contemplatore del proprio ombelico. Volgendo lo sguardo intorno a sé dovrà vedere il dolore dei fratelli, la comune trafittura della morte e la debolezza estrema di questa vita fragilissima, esposta alle aggressioni del male e del tempo. Dovrà provarne compassione, vi si affiderà, e nella compassione si lascerà guidare dall'amore, che insieme alla curiosità verso tutto ciò che ci circonda e che siamo, è il vero nucleo ardente del nostro bisogno di felicità: di speranza nella felicità." (dalla prefazione di Rosita Copioli)
12,00

Dalla proprietà capitalista alla proprietà umana

Dalla proprietà capitalista alla proprietà umana

Emmanuel Mounier

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 187

I due poli tra i quali oscillano le sorti della grande crisi degli anni 30, e forse anche dell'attuale, sono già nel titolo di questo importante saggio, dedicato alla proprietà. Emmanuel Mounier, padre del personalismo francese, vuole uscire dalla "proprietà capitalista" ed entrare nel regno di quella umana. La proprietà del Capitale è fonte di intollerabili diseguaglianze tra chi ha molto, i pochi, e chi ha poco, i molti. La riflessione di Mounier è stretta tra le due forze che credono di avere la soluzione al problema, comunismo e fascismo, e la stanno applicando. È alla ricerca di una terza via, non sa quanto davvero percorribile. Per questo fa riferimento alla dottrina sociale della Chiesa e alla filosofia tomista, ricontestualizzate e messe alla prova, quasi gettate in pasto a un mondo che non avevano saputo prevedere nei suoi esiti totalitari. Di suo Mounier ci mette, oltre al rifiuto dell'individualismo borghese e dello statalismo comunista, la proposta di una società autogestita dei produttori. La proposta di Mounier, come quella di Maritain, Henri de Man e George Gurvitch, verrà sconfitta dalla Seconda Guerra mondiale. Eppure là dove parla di superare la tirannia capitalista «non con una democrazia quantitativa, parlamentare e irresponsabile, ma attraverso una democrazia organica» sembra dar voce ai temi che oggi attraversano la discussione pubblica europea.
16,00

Degenerata! I nazisti all'assalto dell'arte moderna

Degenerata! I nazisti all'assalto dell'arte moderna

Alfred Barr

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 95

"Nel 1933, in congedo per motivi di salute, Barr è in Germania all'avvento al potere del nazismo. Più precisamente, è a Stoccarda, dove giunge all'inizio di febbraio e soggiornerà per alcuni mesi, fino alla fine di maggio. Barr è quindi in una posizione privilegiata per testimoniare quanto accade ad artisti, opere, musei, gli oggetti privilegiati della sua attenzione, in città e più in generale nel Reich dopo le elezioni del 5 marzo 1933. Resoconto di questa testimonianza sono i quattro brevi testi raccolti nelle pagine di questo libro, dedicati all'evoluzione del cinema tedesco (già prima del 1933, a dire il vero), ai primi segnali dello scatenarsi della polemica nazista contro l'arte "degenerata", alla sorte di architetti ed edifici ispirati allo Stile Internazionale nella Germania del Terzo Reich. Osservatore attento, apparentemente distaccato, impegnato a descrivere gli avvenimenti che si snodano davanti a lui - con la stessa capacità di descrizione chiara, lucida che dimostra quando parla dell'arte moderna, Barr registra con semplicità, senza enfasi e retorica, l'attacco immediato e durissimo che politici nazisti e fiancheggiatori culturali riservano a uomini, istituzioni e opere delle arti d'avanguardia; ma è anche capace di una magnifica ironia, che affiora proprio nella secchezza delle descrizioni, nelle annotazioni acute, che svelano in modo lapidario la grossolanità di uomini e idee, gli incipienti conformismi, l'opportunismo di artisti e architetti che iel nazismo trovano la possibilità di un'insperata (fino quel momento) carriera." (Roberto Peverelli)
11,00

Microspie. Racconti e interviste immaginarie

Microspie. Racconti e interviste immaginarie

Giuseppe Bonura

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 126

«Microspie è uno di quei libriccini dalla facilità ingannevole, in grado di fuorviare chi scambiasse per divertissement superficiale il taglio breve degli scritti che vi sono raccolti, e per disimpegno il tono spesso paradossale o grottesco che anima le sue pagine, legando le interviste immaginarie della prima parte alle cinque "storie sintetiche" della seconda. Per fortuna, già il titolo ci mette felicemente sulla buona strada: Microspie fa subito pensare ai microfoni in miniatura usati per le intercettazioni vuoi dall'agente segreto (l'inossidabile Bond insegna), vuoi dal magistrato di turno. Ma è anche una precisa indicazione di stile: la spia, per l'appunto, di una scelta espressiva tesa a sfruttare scientemente le risorse offerte dalla forma breve. La misura lillipuziana non è intesa da Bonura come un limite, ma come un rigore simile a quello dei limerick di Edward Lear: un modo per ridurre all'osso il meccanismo narrativo senza rinunciare a esaltarne i procedimenti, dando libero sfogo a una fantasia spesso surreale e grottesca nel tratteggiare micro-vicende di spie che hanno talvolta i nomi (non il carattere o la funzione) di personaggi reali come l'economista Lester Thurow o il critico formalista russo Viktor Sklovskij. Ma che magari, con un derapaggio logico degno d'una vignetta di Jacovitti, si vedono spuntare un foruncolo sulla pistola...». (Roberto Barbolini)
11,00

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