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Donzelli

Se socialdemocrazia è una malaparola. Le sei Caporetto della Sinistra italiana (1919-2022)

Se socialdemocrazia è una malaparola. Le sei Caporetto della Sinistra italiana (1919-2022)

Massimo L. Salvadori

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 96

Una Sinistra intesa a perseguire i valori, i principî e gli obiettivi della democrazia, della rappresentanza politica e della difesa sociale del mondo del lavoro in Italia ha ancora storicamente senso e un possibile avvenire? E se sì, su quali basi? Partendo da questo interrogativo, Massimo L. Salvadori tocca il cuore stesso dell’esistenza di un partito di Sinistra in Italia. Cosa vuol dire, oggi, essere di Sinistra? Nelle sue molteplici incarnazioni la Sinistra è stata invariabilmente respinta dalla guida del paese, subendo una serie di ininterrotte Caporetto: nel 1919-1922, ad opera del fascismo; poi, nell’aprile 1948, la sconfitta che inaugurò il lungo regno della Democrazia cristiana e dei suoi alleati; ancora, nel 1994, la vittoria di Berlusconi e l’inizio del suo ventennio al potere; passando, nel 2013 e nel 2018, per l’affermazione del Movimento 5 Stelle e poi della Lega; fino all’ultima, clamorosa Caporetto, nel 2022, che ha consegnato le redini del potere ad una Destra di matrice neofascista. In questa ormai lunga storia di occasioni mancate, di svolte in cui sembrava esserci la possibilità di diventare maggioritari e invece si è assistito all’esatto contrario, Salvadori ravvisa una costante: la «separatezza» della Sinistra dalla maggioranza degli italiani che, nei momenti di crisi dei sistemi politici, ne hanno rigettato gli orientamenti, schierandosi a favore di correnti politiche e sociali di volta in volta di centro, populistiche o addirittura di destra. Arrivando all’oggi, tuttavia, l’analisi si tinge di qualche speranza, qualora il PD di Elly Schlein, come ha dimostrato alle elezioni europee del 2024, si riveli capace di superare la distanza del partito dai ceti soprattutto popolari – ma non solo – che non si sentono più da esso rappresentati. Solo assumendo la fisionomia di una forza riformistica autenticamente socialdemocratica il PD potrà superare questa condizione di separatezza, di estraneità, dal corpo sociale e scongiurare in futuro nuove Caporetto.
15,00

Un eroe senza medaglie. Luigi Capriolo dall'antifascismo alla Resistenza

Un eroe senza medaglie. Luigi Capriolo dall'antifascismo alla Resistenza

Aldo Agosti, Marina Cassi

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 240

Villafranca d’Asti, agosto 1944. Luigi Capriolo, comunista e capo partigiano, viene impiccato dai tedeschi dopo essere stato a lungo torturato. Ha quarantadue anni, dodici dei quali trascorsi fra il carcere e il confino per la sua lotta antifascista. Per le circostanze della sua morte e per le vicende che la precedono, Luigi Capriolo può essere definito un autentico eroe della Resistenza, anche se un eroe senza medaglie, perché una medaglia non la riceverà mai. Eppure pochi come lui ne avrebbero avuto titolo. Ciò che più colpisce nella sua biografia è la continuità tra l’impegno nella lotta antifascista – nella legalità e semilegalità, nella clandestinità, perfino nelle forme praticabili in carcere – e la partecipazione diretta alla Resistenza, fino all’estremo sacrificio. Capriolo è un comunista convinto e totalmente dedito alla causa, ma non è un settario: il suo è il volto di un comunismo non arcigno, affascinante nel suo rigore morale, in particolare per gli intellettuali che avvicina – da Antonio Giolitti a Ludovico Geymonat, da Ada Gobetti a Norberto Bobbio – e sui quali lascia un’impressione profonda. Alla sua vita pubblica si accompagna una tormentata vicenda privata: Livia, suo unico amore, è manovrata – forse inconsapevolmente – dalla polizia politica fascista, e dopo la Liberazione si scoprirà essere stata una delatrice dell’OVRA. La storia umana e politica di Luigi Capriolo, accuratamente ricostruita da Aldo Agosti e Marina Cassi nel saggio introduttivo, rivive nel racconto diretto dello stesso Capriolo attraverso il diario tenuto dal 26 luglio al 16 ottobre del 1943, quando viene arrestato una prima volta dai tedeschi, e la relazione al Partito comunista in cui descrive le inumane torture subite in carcere e, quasi per istruire i compagni che subiranno la stessa sorte, la sua lucida strategia di resistenza.
26,00

Vittime e carnefici. Le stragi nazifasciste lungo la Linea Gotica orientale

Vittime e carnefici. Le stragi nazifasciste lungo la Linea Gotica orientale

Daniele Susini

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 256

L’8 settembre 1943 la firma dell’armistizio dell’Italia con le truppe alleate segna la fine della scellerata fratellanza con la Germania e l’inizio dell’occupazione da parte dei nazisti, caratterizzata da una lunga scia di stragi che insanguinarono il territorio italiano, da Sud a Nord, fino alla Liberazione, nell’aprile del 1945. Una violenza, esacerbata dal sentimento di tradimento dell’ex alleato tedesco nei confronti del governo e all’esercito italiani, che si abbatté sulle formazioni partigiane e non risparmiò la popolazione inerme. Il 1944 fu l’annus horribilis per l’Italia, quello in cui le violenze commesse dai reparti tedeschi, spesso in collaborazione con i fascisti della Repubblica sociale italiana, raggiunsero l’apice, facendo registrare il più alto numero di vittime civili. A ottant’anni da quegli eventi, Daniele Susini ricostruisce una mappatura delle stragi perpetrate dai nazifascisti nella provincia di Rimini, che rappresenta un caso di studio unico per illustrare la strategia dei nazifascisti in due contesti di guerra diversi: il primo legato alla repressione antipartigiana, il secondo all’occupazione del territorio per la costruzione della Linea Gotica e il successivo passaggio del fronte con la furiosa battaglia per la presa di Rimini. L’analisi dei singoli episodi di strage, classificati in schede dettagliate, consente di sottrarre all’oblio le vittime, che raramente hanno trovato giustizia, e i carnefici, che quasi mai sono stati puniti per i crimini commessi. Emerge così la presenza di un sistema di ordini che legittimava la violenza sui civili, l’esistenza di una vera e propria strategia stragista che si basava su un’ideologia espansionistica di stampo razziale, quella nazifascista, e sull’obiettivo dichiarato di distruggere il tessuto sociale da cui nasceva la Resistenza partigiana.
27,00

L'Italia s'è desta. L'inno di Mameli: un canto di pace

L'Italia s'è desta. L'inno di Mameli: un canto di pace

Massimo Castoldi

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 192

«Il rapporto conflittuale degli italiani col proprio inno nazionale era ed è un sintomo evidente della relazione difficile, spesso imbarazzante, con la propria storia e soprattutto con quella più recente, di un popolo che ancora oggi stenta a riconoscere il filo rosso che lega le nostre battaglie risorgimentali all’antifascismo, alla Resistenza e ai principi fondamentali della nostra Carta costituzionale». Fin dal suo primo apparire l’inno di Mameli ha conquistato gli italiani, che subito lo hanno riconosciuto e sentito come espressione autentica del loro desiderio di unità e libertà. Vicende storiche e un linguaggio di non immediata comprensione hanno poi contribuito a oscurarne il messaggio di pace e di fratellanza, che lo distingue da altri inni più celebrati, a cominciare dalla Marsigliese. Il libro di Massimo Castoldi ci accompagna alla scoperta del significato autentico del testo, liberandolo dalle incrostazioni del tempo. Ci restituisce le prime redazioni autografe e a stampa e porta alla luce il ricchissimo patrimonio di fonti che lo hanno nutrito, svelando l’intreccio di ispirazioni e suggestioni, colte e popolari, celate nei suoi versi. Scritto a Genova nel 1847 sotto l’influsso di ideali mazziniani e repubblicani – e presto musicato da Michele Novaro –, seguì il suo giovane autore sulle barricate delle Cinque giornate di Milano, fino alla morte nella difesa della Repubblica romana del 1849. Cantato dai Mille di Garibaldi, celebrato da Carducci e Pascoli, fu ammirato da Verdi e da Toscanini. La monarchia gli preferì la Marcia reale e il primo fascismo lo mise al bando, salvo poi strumentalizzarne alcuni versi in direzione violenta e xenofoba. Parte della Resistenza lo fece proprio. Nel ’43 fu cantato dai confinati a Ventotene, mentre andavano verso la nave che ridava loro la libertà, e in questo spirito fu proposto come inno nazionale all’indomani del referendum da cui nacque la Repubblica. Era però una disposizione provvisoria. E nel secondo dopoguerra, tra individualismo crescente e perdita di sentimenti collettivi, periodicamente l’inno fu al centro di critiche, dibattiti e appropriazioni maldestre. Parodiarlo era diventato un vezzo di una parte della cultura di sinistra, cantarlo sull’attenti una consuetudine diffusa dell’estrema destra. Non è un caso se si è dovuto aspettare il 2017 perché fosse ufficialmente riconosciuto come inno nazionale: la storia della ricezione dell’inno di Mameli è anche e soprattutto la storia della controversa relazione degli italiani con l’idea di patria.
18,00

Tra le nebbie della P2. Memorie inedite di un capo dei Servizi

Tra le nebbie della P2. Memorie inedite di un capo dei Servizi

Pasquale Notarnicola

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 160

«Sono orgoglioso di aver fatto tutto il mio dovere a favore della patria e di non appartenere a quel gruppo di traditori che, nonostante il giuramento solenne prestato all’inizio della carriera, si è poi volto all’obbedienza di una loggia massonica segreta che certamente è la responsabile di tutti i depistaggi avvenuti nel corso e a seguito delle varie stragi». Dopo la strage di piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969), il paese prese consapevolezza dell’esistenza di una «strategia della tensione» che mirava a erodere le basi dello Stato democratico. Da quel primo attentato fu un susseguirsi di eventi sanguinosi, mai chiariti fino in fondo: dalla strage di Peteano a quelle di Ustica e di Bologna. Questi eventi non solo hanno destabilizzato fortemente la convivenza civile, ma hanno pure condizionato la storia del paese fino ad oggi. Di queste vicende parla con grande chiarezza il generale Pasquale Notarnicola, ai vertici del SISMI (Servizio di sicurezza militare) dal 1978 al 1983. Nelle sue memorie, oggi pubblicate per la prima volta, ricostruisce dall’interno una pagina tragica della storia italiana. Per molti anni, i processi per definire le responsabilità hanno visto una sorprendente alternanza di assoluzioni e condanne, tra depistaggi, falsificazioni e omissioni, dando all’opinione pubblica l’impressione che non si potesse mai arrivare alla «verità». Ma le inchieste sono proseguite e, anche grazie alle testimonianze di servitori dello Stato come Notarnicola, molte responsabilità sono state chiarite. Oggi infatti sappiamo che l’obiettivo della strategia della tensione non era ricostituire uno Stato autoritario, ma delegittimare il Partito comunista per impedirgli di avvicinarsi al governo, accusandolo di essere responsabile del caos che stava colpendo il paese. Inoltre, abbiamo certezza che i vertici dei servizi segreti e gruppi neofascisti come Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e i NAR hanno intrecciato la loro attività eversiva con quella dei Servizi segreti di alcuni paesi stranieri, delle Forze armate, del mondo politico e di organizzazioni internazionali come la loggia massonica P2, con i suoi ulteriori e oscuri intrecci con la criminalità organizzata. Il generale Notarnicola entra nelle pieghe più oscure di questi intrecci con la sua esperienza diretta, a tratti sconvolgente per il livello intricato di infiltrazione nei gangli vitali dello Stato da parte della P2 e del suo capo, Licio Gelli. Tuttavia, secondo Notarnicola, Gelli era solo la pedina di un sistema più grande e a lui superiore, così potente da ostacolare il generale nella sua attività investigativa, ostracizzarlo, depistarlo, per allontanarlo dalla verità. Angelo Ventrone – storico e studioso dei fenomeni eversivi nel nostro paese – ha ascoltato Notarnicola come testimone diretto di una stagione terribile, che tarda a farsi storia ma che deve essere portata alla luce perché la vita democratica possa proseguire senza ombre.
18,00

Breve storia del Messico. Dall'antichità al Duemila

Breve storia del Messico. Dall'antichità al Duemila

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 224

Il Messico è un paese plurale, multiforme, caratterizzato da una grande ricchezza non solo geografica, ma anche etnica, culturale, sociale, frutto di una storia millenaria, tanto complessa quanto interessante. Il volume – un classico della storiografia messicana, pubblicato per la prima volta in italiano – ha l’obiettivo di accostarci a questa storia affascinante, avendo a disposizione uno strumento agile, ma rigoroso, che consente di ripercorrere il cammino di questa terra, prendendo avvio dall’epoca precolombiana per giungere alle soglie del nuovo millennio. A partire dall’indipendenza del paese, in oltre duecento anni, i messicani hanno saputo costruire con la propria storia un rapporto viscerale, alla costante ricerca di un’identità nazionale in dialogo tanto con le civiltà composite che popolarono il mondo preispanico quanto con la conquista spagnola e con l’eredità del lungo periodo coloniale. Questo libro, nato da un progetto del Collegio del Messico, la più prestigiosa istituzione culturale del paese, ne è testimonianza. In esso si racconta, come scrive Massimo De Giuseppe nell’Introduzione, un viaggio «ricco di incontri, scontri, meticciati, esperienze creative e infinite contraddizioni», che ci conduce attraverso i diversi regimi politici, le varie stagioni trasformative, le guerre e le rivoluzioni, i processi di modernizzazione e quelli di costruzione della nazione, attraverso i suoi terremoti e i suoi silenzi. Si arriva così alla contemporaneità, con un paese che, pur nella difficoltà dei rapporti con gli Stati Uniti, si contraddistingue per l’affermarsi della democrazia e l’emergere di una società civile sempre più consapevole.
26,00

Hard times. Le nuove guerre e la difesa Europea

Hard times. Le nuove guerre e la difesa Europea

Libro

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 320

Con il 1989, la fine del «secolo breve» e il crollo del muro di Berlino sembravano portare la diffusione mondiale della democrazia, realizzata dalla globalizzazione del sistema capitalistico. Ci si illuse che, insieme al nuovo millennio, potesse arrivare il tempo della pace e, con esso, la fine della storia com’era stata intesa fino a quel momento. Invece, proprio in quello snodo cruciale, si sono aperte nuove fratture che hanno prodotto nuovi conflitti, lungo linee di faglia emerse sui confini delle antiche civiltà dal passato imperiale. La speranza che fosse finito il tempo delle guerre si è infranta, mentre la possibilità di costruire la pace sembra allontanarsi. Questo volume curato da Alberto Pagani, frutto delle ricerche del CeSPI (Centro Studi di Politica Internazionale), si concentra sulle nuove guerre sorte ai confini d’Europa, affrontando le questioni che esse pongono alla comunità internazionale: dal conflitto in Ucraina ai focolai nel Medio Oriente, il volume analizza i temi più scottanti della contemporaneità e indaga le nuove frontiere del conflitto. Un capitolo denso, curato da Piero Fassino, approfondisce i progetti per la difesa europea, mentre l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone offre il suo sguardo esperto sul settore industriale e tecnologico. Si affrontano temi cruciali come il ritorno della paura atomica, l’ombra delle armi chimiche e batteriologiche, la crescente cyber-guerra e l’uso strumentale di big data, intelligenza artificiale, fake news, troll e bot per minare le fondamenta delle democrazie. Le guerre ibride del nostro tempo seguono la trama di una nuova conflittualità globale tra l’Occidente democratico e l’alleanza delle grandi autocrazie autoritarie: la Cina, la Russia e l’Iran. L’evoluzione tecnologica ha prodotto nuovi armamenti, specializzato sistemi di comando e metodi operativi, prodotto piattaforme robotizzate per i combattimenti a controllo remoto. Al tempo stesso, la guerra asimmetrica non ha più limiti, non distingue tra obiettivi civili e militari, confonde il tempo di guerra con quello di pace.
30,00

I tedeschi e la rivoluzione. Una storia dal 1848 al 1989

I tedeschi e la rivoluzione. Una storia dal 1848 al 1989

Heinrich August Winkler

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 208

In questo magistrale libro Heinrich August Winkler, il decano degli storici tedeschi, ripercorre la storia della Germania dal 1848 al 1989 seguendo il filo del difficile rapporto dei tedeschi con la rivoluzione. Al fallimento della «rivoluzione del 1848-49», che non era riuscita a raggiungere il duplice obiettivo della libertà politica e dell’unità nazionale, Bismarck rispose con «una rivoluzione dall’alto», la fondazione del Secondo Reich tedesco e l’unificazione della Germania. Le storiche aspirazioni di libertà, eguaglianza sociale e democrazia politica sembrarono finalmente realizzarsi con la «rivoluzione del 1918-19» e la formazione della Repubblica di Weimar. Al suo tragico fallimento seguì la «rivoluzione di destra» del totalitarismo nazionalsocialista e la presa del potere di Hitler. La «rivoluzione pacifica» del 9 novembre del 1989 e la successiva riunificazione della Germania hanno portato a soluzione la «questione tedesca» che aveva segnato la vicenda storico-mondiale per oltre un secolo. La caduta del Muro di Berlino non è stata la «fine della storia» ma semmai il primo passo verso il disordine globale. L’aggressione russa dell’Ucraina ha messo in luce la profonda crisi di identità della classe politica tedesca di fronte a un mondo caratterizzato dalla lotta per il dominio dei «grandi spazi» geopolitici. La Germania è, scrive Angelo Bolaffi nel brillante saggio che apre il volume, «l’epitome della condizione di tutta l’Unione europea, leader mondiale del commercio e modello planetario di regolamentazione giuridica delle relazioni tra Stati ma soggetto assolutamente impreparato a fare i conti con il ritorno della guerra e con la fine dell’era del multilateralismo». Mai come in questo momento è dunque inevitabile tornare a interrogare la storia tedesca per cercare di comprendere i nodi del presente e le sorti future della Germania e dell’Europa. Con un saggio di Angelo Bolaffi su «La Germania nel disordine globale».
25,00

Potere di altro genere. Donne, femminismi e politica

Potere di altro genere. Donne, femminismi e politica

Giorgia Serughetti

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 160

«Si può sostenere che la vittoria di una donna sia una conquista per tutte, qualunque sia la sua storia, la sua visione politica, il suo rapporto con il femminismo, il suo modello di gestione del potere?». La nomina di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio ha inaugurato in Italia il primo governo con a capo una donna. Contemporaneamente, in tutta Europa e in diverse parti del mondo, leader donne stanno assumendo ruoli apicali e di responsabilità. Eppure, la popolazione femminile nel suo complesso subisce ancora le più gravi forme di sfruttamento, violenza, povertà, marginalizzazione culturale. L’inizio del nuovo millennio ha conosciuto un inasprimento degli attacchi a diritti e libertà ottenuti dal movimento femminista nel secolo scorso, con quella che è stata definita la più grande rivoluzione pacifica del Novecento; basti pensare all’offensiva sferrata da più fronti contro l’aborto, una conquista che, insieme al diritto di voto, aveva rappresentato un passaggio chiave di quelle lotte. Come si spiega una tale contraddizione? Attraverso un’analisi degli sviluppi più recenti della politica italiana e internazionale, Giorgia Serughetti riannoda i fili di questo paradosso. L’avanzare delle donne all’interno dei partiti reazionari e conservatori, lungi dal sovvertire le strutture di genere, ha fatto del femminismo un repertorio strumentale, piegato a fini ideologici, sovranisti e autoritari. Piuttosto che di «femminismo di destra» o di «femminismo neoliberista», si può parlare di appropriazione e distorsione del linguaggio femminista da parte di forze avverse all’obiettivo dell’uguaglianza. La retorica dell’ascesa individuale e della rottura del «soffitto di cristallo» occulta un potere sessista che mantiene metà del genere umano in stato di oppressione, e rimuove o addomestica la radicalità del pensiero e della tesi che attraversa le pagine è duplice. Da un lato, il femminismo politico, se non vuole essere ridotto a una serie di parole chiave buone per ogni uso e abuso, deve collocarsi con decisione dalla parte del cambiamento, della lotta per un ordine sociale giusto. Dall’altro lato, le forze politiche che intendono combattere le disuguaglianze e avanzare progetti di giustizia sociale devono porre le istanze del femminismo al centro della propria agenda. La battaglia delle donne può diventare strumento di liberazione per tutti coloro che si trovano ai gradini più bassi della scala sociale: per questo sono centrali le questioni del reddito, della divisione sessuale del lavoro, del razzismo, della violenza istituzionale sulle persone migranti, della cancellazione culturale e giuridica delle sessualità non conformi. Il femminismo è una forza trasformativa radicale, la ricerca di una buona vita per tutte, non per poche, che può avvenire solo attraverso la costruzione e l’attivazione di una nuova dimensione del potere, di un altro genere di potere, un potere di altro genere.
17,00

Il tempo dei femminismi. La storia delle donne come autobiografia

Il tempo dei femminismi. La storia delle donne come autobiografia

Michelle Perrot

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 192

«La storia è stata scritta dagli uomini, con uno sguardo maschile che ha occultato le donne, generando silenzio e oblio. L’idea di reintrodurre le donne nella trama della storia non è dovuta solo a un approccio femminista. È prima di tutto un’esigenza di verità». Donne (e femministe) non si nasce, si diventa, si potrebbe dire parafrasando Simone de Beauvoir. In una narrazione insieme intima e collettiva, che unisce l’autobiografia alla storia, la filosofia all’attivismo politico, Michelle Perrot ricostruisce il percorso che l’ha portata, giovane studentessa nella Parigi degli anni sessanta, a diventare una storica e una femminista, e a scegliere di fare della storia delle donne il centro della propria ricerca. Quando era bambina, ricorda Perrot, suo padre le diceva sempre di non sposarsi troppo presto. Il suo desiderio più grande era quello di essere come tutti gli altri, di non essere diversa dagli uomini. Questo libro è l’occasione per guardare indietro e ricostruire la propria vita, riannodando il filo che dall’attivismo cristiano della sua giovinezza l’ha condotta al femminismo, passando attraverso il comunismo. Prima professoressa a insegnare la storia delle donne in Francia, Michelle Perrot ci accompagna in un viaggio lungo l’epopea del femminile, consentendoci di esplorarne tutte le ramificazioni: la storia della battaglia per l’uguaglianza, la storia del patriarcato, la storia del movimento femminista e del grande dibattito che lo percorre e lo anima – un dibattito continuo, relativo ai corpi, al tema del genere, all’opposizione tra universalismo ed essenzialismo nel rapporto con l’altro sesso, all’idea di sorellanza – fino ad arrivare al movimento #MeToo. Il pensiero illuminante di Michelle Perrot, che non tralascia nulla anche rispetto alle questioni più spinose, ci permette di decostruire e talvolta anche di superare le divisioni del femminismo contemporaneo, dando la misura della profondità storica delle lotte che ancora oggi percorrono le nostre società.
17,00

Lenin. Una biografia intellettuale (1870-1924)

Lenin. Una biografia intellettuale (1870-1924)

Tamás Krausz

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 400

Lenin resta ancora oggi una delle figure politiche più discusse del Novecento. Genio politico che per la prima volta nella storia ha portato al potere masse di diseredati o dittatore che ha fondato un inedito sistema oppressivo? Agitatore e sovversivo abituato a carceri, confino ed esilio o statista internazionale che ha salvato il suo paese dalla catastrofe? Liberatore delle nazionalità oppresse e profeta della fine della guerra tra i popoli o iniziatore di una nuova guerra civile internazionale fra classi sociali? E ancora: filosofo profondo, lettore di Marx e Hegel, interprete della grande cultura borghese o dogmatico sprezzante convinto di possedere la verità? A cento anni dalla sua morte, lo scontro intorno alla figura di Lenin continua a imperversare. E non è un caso. Se da un lato il suo nome è ancora una maledizione per gli eredi di chi lo ha combattuto – dai governi europei agli Usa, dagli autori liberali alla sinistra «rinnegata», passando per il «neo-zar» Putin –, dall’altro la sua opera e il suo pensiero sono un riferimento costante per milioni di contadini, operai, attivisti politici o sociali che lottano per trasformare il mondo. In questo denso volume Tamás Krausz, uno dei più autorevoli storici ungheresi, offre una panoramica completa su Lenin, raccontandone la vita ed esaminando i nodi cruciali del suo pensiero: l’organizzazione del partito, la teoria dello Stato, la questione nazionale, la dinamica dei processi rivoluzionari. Ma allo stesso tempo Krausz ricostruisce le condizioni storiche concrete in cui Lenin agì, il dibattito storiografico intorno alla sua figura, i motivi per cui oggi i problemi da lui affrontati tornano d’attualità. Utilizzando materiali inediti e documenti desecretati degli archivi dell’ex Unione Sovietica, Krausz rende conto dei «molteplici Lenin» che la Storia ci ha consegnato e restituisce l’unità profonda del suo pensiero, mostrando come anche nel XXI secolo esso sia un riferimento per chi ancora crede nella possibilità di un mondo diverso, di un mondo più umano.
35,00

La lezione di d'Artagnan. Il visconte di Bragelonne. Volume Vol. 1

La lezione di d'Artagnan. Il visconte di Bragelonne. Volume Vol. 1

Alexandre Dumas

Libro: Libro rilegato

editore: Donzelli

anno edizione: 2023

pagine: 480

Pubblicato tra il 1848 e il 1850, "Il Visconte di Bragelonne" porta a conclusione il ciclo iniziato con "I tre moschettieri" nel 1844 e proseguito con "Vent’anni dopo" nel 1845. Le vicende narrate nel Visconte di Bragelonne hanno inizio nel maggio del 1660, quando la Francia è all’alba di una nuova epoca, che si inaugura con il regno di Luigi XIV, il futuro Re Sole. Sono trascorsi trentacinque anni da quell’aprile del 1625 in cui d’Artagnan, uno spiantato cadetto di Guascogna, arrivava a Parigi in sella al suo ronzino per unirsi alla compagnia dei moschettieri del re, facendo conoscenza con quelli che sarebbero stati i suoi inseparabili compagni d’avventure: Athos, Porthos e Aramis. Trentacinque anni costellati di duelli, intrighi, cambi di sovrani e di fedeltà, e che hanno visto sfilare tra le pagine dumasiane i protagonisti della storia di Francia e d’Inghilterra: Luigi XIII, il cardinale Richelieu, Anna d’Austria, il duca di Buckingham, Carlo I, Oliver Cromwell, il duca di Beaufort, fino a Giulio Mazzarino. Dopo tante imprese, i nostri quattro eroi, ormai avanti con gli anni, sembrano aver trovato la propria serenità: il vanesio ed erculeo Porthos vive nella sua tenuta di Pierrefonds scandendo i piaceri in base ai giorni della settimana; Aramis, mago della doppiezza e della dissimulazione, è stato nominato vescovo di Vannes; il nobile Athos, conte di La Fère, conduce una vita ritirata, sovrintendendo alla carriera e agli amori del figlio Raoul, il visconte di Bragelonne che dà il titolo al romanzo. Solo d’Artagnan continua a prestare servizio nella guardia del re ma, disilluso sulle capacità del nuovo sovrano, è deciso a chiedere il congedo. La quiete e il riposo, però, non sembrano far parte del destino dei quattro moschettieri, che torneranno a solcare le strade d’Europa. Nella complessa trama del "Visconte di Bragelonne" possono essere rintracciati tre nuclei narrativi, che motivano la scelta di suddividere in altrettante parti l’ultimo, e più lungo, romanzo della saga: il primo nucleo, che qui titoliamo "La lezione di d’Artagnan", vede il guascone alle prese con il nuovo sovrano e con la sua eterna ambizione di conquistare il brevetto di capitano dei moschettieri; il secondo – "La favorita del re" – narra le vicende di Louise de la Vallière, che da damigella della regina, e innamorata di Raoul, diventerà l’amante di Luigi XIV; il terzo – "La maschera di ferro" – racconta del complotto ordito da Aramis per portare sul trono di Francia il misterioso fratello gemello del re. Questo primo volume è incentrato dunque su d’Artagnan, il personaggio a cui Dumas, a differenza di tutti gli altri, ha riservato un magistrale sviluppo narrativo: pur restando l’intrepido moschettiere pronto a mettere a repentaglio la sua vita in nome del re, il guascone con l’età sembra fare affidamento più sul cervello che sulla spada, mostrando una fine intelligenza politica e un’acuta capacità di destreggiarsi tra gli stravolgimenti che stanno segnando l’Europa. È così che d’Artagnan deciderà di «mettersi in proprio», servendo la causa della restaurazione di Carlo ii sul trono d’Inghilterra, e riprendendo poi il servizio presso il re di Francia per imbarcarsi in una nuova impresa che sembra promettergli l’ambita ricompensa: quel brevetto di capitano che insegue da trentacinque anni. In una Francia in pieno mutamento politico e culturale riusciranno i nostri eroi a tenere vivi gli ideali dei moschettieri? Questa nuova traduzione del Visconte di Bragelonne, condotta da Lila Grieco sul testo critico di Claude Schopp, restituisce al lettore il testo dumasiano in tutto il suo brio narrativo e rigore storico, grazie anche a un puntuale apparato di note e a un dettagliato Dizionario dei personaggi e delle persone.
33,00

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