Neri Pozza: I colibrì
Gli antimoderni. Da Joseph De Maistre a Roland Barthes
Antoine Compagnon
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2017
pagine: 720
Non vi è forse epoca che non sia stata attraversata dal rifiuto del cambiamento e dal rimpianto della tradizione perduta. Tuttavia, ed è la tesi che alimenta queste pagine, se i tradizionalisti ci sono sempre stati, lo stesso non si può dire degli antimoderni. Gli antimoderni non sono figure semplicemente mosse dall'eterno pregiudizio contro il cambiamento, e dunque fantasmi del passato che si aggirano in ogni tempo. Gli antimoderni, nel senso proprio, moderno, della parola, hanno una data di nascita precisa: il 1798, l'anno in cui la Rivoluzione francese segna una rottura decisiva e una svolta fatale; hanno una casa: la letteratura; e posseggono un'attitudine tutta loro: una relazione particolare con la morte, con la malinconia, con il dandismo, con il disincanto che li fa sembrare più moderni dei moderni, come eroi ultramoderni dell'antimodernità. Da Joseph de Maistre a Roland Barthes, passando per Francois-René de Chateaubriand, Charles Baudelaire, Leon Bloy, Marcel Proust, Pierre Drieu la Rochelle, André Gide, Jacques Rivière, Jean Paulhan,Julien Gracq, André Breton, Maurice Blanchot e tanti altri, il genio antimoderno si è rifugiato, per Antoine Compagnon, nella letteratura, ma non nella letteratura genericamente intesa, bensì in quella «che noi qualifichiamo moderna, nella letteratura che è diventata canone della posterità», e «la cui resistenza ideologica è inseparabile dalla sua audacia letteraria». Così, diversamente dalla vita politica, in cui, dalla Rivoluzione francese in poi, trionfa una candida apologia del moderno del tutto priva di modernità, la vita letteraria degli antimoderni, di coloro che hanno perso l'innocenza del moderno, appare, in questa importante opera dedicata alle figure più rilevanti della letteratura francese, segnata da una «reale e duratura modernità».
Alfabeto d'origine
Lea Melandri
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2017
pagine: 160
Il desiderio di scrittura può nascere per contagio: frequentazione, lettura, intrattenimento con altre scritture che lo muovono e che diventano modello, scuola di formazione. E il modo più frequente, ma anche quello che finisce facilmente per rientrare nei generi noti: l'ispirazione letteraria e i linguaggi specialistici, disciplinari. Un altro percorso, meno visibile, è quello che parte da sommovimenti interni - pensieri, emozioni, sentimenti - che, nel tentativo di arrivare alla parola, trovano proprio nei linguaggi già dati della cultura una barriera. La scrittura di Lea Melandri appartiene decisamente a questo secondo tipo. È una scrittura legata alla conoscenza di sé, all'esplorazione di zone rimosse: passioni elementari, sogni, costruzioni immaginarie, rappresentazioni del mondo, riconoscibili in ogni spazio e tempo, innanzi tutto attraverso le figure del maschile e del femminile, che il corso della storia ha modificato, ma non tanto da cancellare i tratti della vicenda originaria che ha dato loro volti innegabilmente duraturi. Lea Melandri definisce questo modo di procedere, questo viaggio all'interno di sé, «scrittura di esperienza» che ha la spudoratezza necessaria per nominare «il mondo delle cose che non siamo stati capaci fino a questo punto di dire». Una prosa che non teme di scavare, attraverso parole, sentimenti, sogni, nell'intimità mancata nelle relazioni reali, nella memoria del corpo, sino al punto da costituire, come accade in queste pagine, un'autobiografia per interposta persona.
La rivolta delle élite. Il tradimento della democrazia
Christopher Lasch
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2017
pagine: 216
"La rivolta delle élite" ha prefigurato la nascita dei populismi odierni, di quella "secessio plebis" che si comprende appunto soltanto come una naturale conseguenza della rottura del legame sociale operata tempo fa dalle élite. Il libro ritrae per la prima volta, nei suoi tratti essenziali a noi oggi così familiari, quella "élite liberale" e cosmopolita di tecnocrati, manager e agenti della comunicazione che determinano le sorti delle società contemporanee: uomini che si sentono a casa propria soltanto quando si muovono, quando "sono 'en route' verso una conferenza ad alto livello, l'inaugurazione di una nuova attività esclusiva, un festival cinematografico internazionale". Uomini che, in possesso di "una visione essenzialmente turistica del mondo", lasciano volentieri l'idea di una residenza stabile a una "middle class" ritenuta "tecnologicamente arretrata, politicamente reazionaria, repressiva nella morale sessuale, retriva nei gusti culturali". Uno "smart people" che, a Hong Kong come a Bruxelles o a New York, si sente "creativo", ma la cui creatività è rivolta soltanto a "una serie di attività mentali astratte svolte in un ufficio, preferibilmente con l'aiuto di un computer, e non alla produzione di cibo, case o altri generi di prima necessità". Il solo rapporto che, nel liberalismo moderno, l'élite ha con il lavoro produttivo è, per Christopher Lasch, il consumo. Per il resto essa vive in una "iperrealtà", un mondo simulato di modelli computerizzati, dove non ne è più nulla del mondo comune e dove l'ossessione fondamentale è il controllo, la "costruzione della realtà" (diremmo, con il termine oggi in voga, la "governance"). Lasch non si sottrae alla questione di cosa opporre alla rottura del legame sociale prodotta dalla rivolta delle élite. Nel sindacalismo agrario e operaio americano dell'ottocento, confluito poi nel "People's Party" e nel "Partito Democratico", vi è, secondo lui, la possibile risposta: l'esperienza di comunità fondate su valori come l'eguaglianza delle opportunità, la competenza, la mutua collaborazione, e per questo "capaci di autogoverno".
Ombre dal fondo
Domenico Quirico, Paola Piacenza
Libro
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2017
pagine: 155
«Il giornalismo è diventato, tragico paradosso, il contrario di quello che vorrei: serve a distogliere il vostro sguardo». Cosi scrive, nelle pagine di questo libro, Domenico Quirico. Confessione intima, condotta attraverso una scrittura impeccabile e le emozionanti immagini del film di Paola Piacenza che accompagna il testo, e da cui è scaturita questa pubblicazione, Ombre dal fondo è la storia di un reporter che ci invita costantemente a non distogliere lo sguardo. Dal fronte russo-ucraino ai luoghi della sua prigionia in Siria, «dove tutto è cominciato e tutto è finito», Quirico ci conduce nel cuore di tenebra della nostra epoca, dove impera, ineliminabile, smisurato, l'orrore della guerra. Un orrore che, attraverso le sue numerose apparizioni e figure, non lascia integro chi lo narra, poiché si insinua come una crepa in chi ha visto in faccia il Male. Tuttavia, è proprio questa crepa che permette di scrivere con autenticità, e di ricondurre il giornalismo a quella che dovrebbe sempre essere la sua più profonda natura: la narrazione quotidiana della «condizione umana».
Il paradiso in terra. Il progresso e la sua critica
Christopher Lasch
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2016
pagine: 670
"Come può accadere che delle persone serie continuino a credere nel progresso, malgrado le importanti confutazioni che parevano aver liquidato una volta per tutte la validità di questa idea?" Muovendo da questo interrogativo, Christopher Lasch dà avvio in questo libro - vera e propria pietra miliare di ogni pensiero critico della modernità - a un'affascinante ricostruzione storica, filosofica, sociologica dell'idea di progresso, ultima fede, autentica religione secolarizzata dell'occidente. Il libro parte dall'interpretazione largamente accettata secondo la quale l'idea di progresso rappresenterebbe la versione secolarizzata della fede cristiana nella provvidenza. Opponendosi, infatti, al mondo antico e alla sua visione ciclica della storia, e rivendicando all'opposto una direzione di quest'ultima - dalla caduta dell'uomo alla sua definitiva redenzione -, la cristianità avrebbe permesso all'occidente di concepire la storia come un "processo generalmente in moto verso l'alto". Per Lasch, tuttavia, nel ventesimo secolo quest'idea del progresso basata sul pensiero di una "finalità" della storia, sulla speranza in un qualche stato finale di perfezione terrena, diventa "la più morta delle idee morte", spazzata via dal fallimento dei totalitarismi e di ogni considerazione utopistica del futuro. Nel secolo scorso si mostra, infatti, in ambito soprattutto anglosassone, l'estrema secolarizzazione della fede nel progresso. La sua idea viene separata dalla città celeste e riportata sulla terra, e la fede nel progresso diventa fede nel "progresso tecnologico" e nell'estensione del benessere materiale, dell'abbondanza e del consumo. E allora anche che ogni critica del progresso viene bollata come una faccenda di oscurantisti, chiacchiera di tutti coloro che "si rifugiano nella devozione, nell'estetica e nel mito". Il risultato è che questa cieca fede nel progresso appartiene oggi in egual misura tanto alla destra che propone di mantenere il nostro standard di vita smodato a spese del resto del mondo e delle nostre stesse minoranze, quanto alla sinistra che pensa, invece, di estendere gli standard di vita occidentali al resto del mondo. Un programma suicida, per Lasch, perché nel primo caso approfondirà il solco che separa le nazioni povere da quelle ricche e genererà moti di ribellione e terrorismo sempre più violenti contro l'occidente; e, nel secondo, porterà ancora più rapidamente all'esaurimento di risorse non rinnovabili, all'inquinamento irreversibile dell'atmosfera terrestre e alla distruzione del sistema ecologico da cui dipende la vita dell'uomo. Tutto ciò rende urgente, per Lasch, la costruzione di un punto di vista radicalmente nuovo che tagli corto sia con la convinzione che il nostro standard di vita sia destinato a un costante miglioramento, sia con l'altra faccia dell'ideologia del progresso: quella struggente nostalgia che essa produce per la semplicità passata, per le comunità del "mondo che abbiamo perduto".
Che cos'è reale? La scomparsa di Majorana
Giorgio Agamben
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2016
pagine: 78
Quarant'anni dopo il libro di Sciascia, il mistero della scomparsa di Ettore Majorana, avvenuta il 25 marzo 1938, è rimasto immutato. Com'è possibile che il più promettente e geniale fra i fisici riuniti intorno a Enrico Fermi sia sparito senza lasciare traccia? Sciascia aveva ipotizzato che la decisione di scomparire e di abbandonare la fisica fosse stata presa da Majorana nel momento in cui si era reso precocemente conto che le ricerche di Fermi avrebbero portato alla bomba atomica, ma la sua ipotesi è stata sempre smentita dai fisici. Agamben in questo libro affaccia un'altra e più persuasiva ipotesi. Analizzando attentamente un articolo postumo di Majorana sul “Valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle scienze sociali”, che dimostra che nella fisica quantica la realtà deve dissolversi nella probabilità, Agamben suggerisce che Majorana, scomparendo senza lasciare tracce, ha fatto della sua persona la cifra stessa dello statuto del reale nell'universo probabilistico della fisica contemporanea e ha posto alla scienza una domanda che aspetta ancora la sua risposta: che cos'è reale?
Triste America. Il vero volto degli Stati Uniti
Michel Floquet
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2016
pagine: 204
L'America riempie il nostro immaginario come nessun altro paese. Non vi è giorno in cui, in Europa e in altri luoghi del mondo, non venga celebrata la più grande democrazia del mondo, il paese della libertà dove tutto è possibile, la terra di principi dove tutti sono uguali davanti alla legge. Ma le cose stanno davvero così, oggi, a distanza di secoli da quel 4 luglio 1776 in cui nacque questo grande paese? Michel Floquet ha attraversato in lungo e in largo gli Stati Uniti d'America e, armato di fonti, testimonianze, documenti, ha scritto un libro che è il ritratto di un paese sull'orlo del disastro. I più ricchi, negli Stati Uniti, non sono l'1 ma lo 0,1 per cento della popolazione. Centosessantamila famiglie circa, che detengono da sole quasi un quarto della ricchezza nazionale. Una casta di nababbi che è unica al mondo, e ha equivalenti soltanto all'inizio del secolo scorso. Secondo il principio tutto americano «Meno pago le tasse, più sono ricco e più posso dare», i ricchi pagano tra il 15 e il 20 per cento delle tasse, mentre i loro dipendenti e i salariati in generale tra il 25 e il 30 per cento. Ogni giorno, nella vita quotidiana del paese, manca un milione e mezzo di uomini neri. Sono in prigione o morti prematuramente, per lo più per omicidio. Nella fascia d'età tra i venticinque e i cinquantaquattro anni manca addirittura un uomo su sei. È praticamente il tasso di perdite di un conflitto. In America, un adulto su cento si trova in carcere. Un prigioniero su quattro, nel mondo, è americano. Nessuno fa meglio di così. Né la Cina, né la Corea del Nord e neppure l'Iran.
Esodo. Storia del nuovo millennio
Domenico Quirico
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2016
pagine: 174
Questo libro è la cronaca dei viaggi fatti in compagnia dei migranti nei principali luoghi da cui partono, e in cui sostano o si riversano. In questo senso, è il racconto in presa diretta dell'Esodo che sta già mutando il mondo e la storia a venire. Una Grande Migrazione che ha inizio là dove parti intere del pianeta si svuotano di uomini, di rumori, di vita: negli squarci sterminati di Africa e di Medio Oriente, dove la sabbia già ricopre le strade e ne cancella il ricordo; nei paesi dove tutti quelli che possono mettersi in cammino partono e non restano che i vecchi. Termina nel nostro mondo, dove file di uomini sbarcano da navi che sono già relitti o cercano di sfondare muri improvvisati, camminano, scalano montagne, hanno mappe che sono messaggi di parenti o amici che già vivono in quella che ai loro occhi è la meta agognata: l'Europa, il Paradiso mille volte immaginato. Da Melilla, l'enclave spagnola che si stende ai piedi del Gourougou, in Marocco - dodici, sonnolenti chilometri quadrati cinti da un Muro in cui l'Europa è, visivamente, morta fino alla giungla di Sangatte, a Calais, dove la disperata fauna dei migranti macchia, agli occhi delle solerti autorità francesi, le rive della Manica con la sua corte dei miracoli, tutto l'Occidente sembra credere di poter continuare a respirare l'aria di prima, di poter vivere sulla medesima terra di prima, mentre "il mondo è rotolato in modo invisibile, silenzioso, inavvertito, in tempi nuovi".
Madonna povertà. Papa Francesco e la rifondazione del cristianesimo
Flavio Cuniberto
Libro: Copertina morbida
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2016
pagine: 95
Nonostante la presenza di voci critiche, di resistenze anche interne alla Chiesa cattolica, la popolarità di papa Francesco è universale: amato dal popolo cristiano per il suo tratto di umanità comprensiva e per la sobrietà del suo stile di vita, è ammirato dagli ambienti "laici" come il Grande Riformatore della Chiesa, chiamato a realizzare una volta per tutte la modernizzazione auspicata dal Concilio Vaticano II. E tuttavia, sia l'entusiasmo dei fedeli che l'ammirazione dei "laici" appaiono affetti da una strana miopia, che sembra non accorgersi delle contraddizioni vistose del suo magistero. L'esaltazione della povertà come "porta del paradiso" si accompagna a una denuncia simultanea della povertà come male estremo, e a una indicazione dei "rimedi" che ricalca vecchi schemi terzomondisti, decisamente poco aggiornati. L'"eco-teologia" che si profila nell'enciclica, fondata sul valore assoluto dell'ambiente e della sua salvaguardia, appare poi così in sintonia con la carta dei valori tardomoderni e tardocapitalisti - la biodiversità come Patrimonio universale da custodire - da ridurre la prospettiva religiosa e spirituale a un semplice alleato nella guerra "santa" contro i mutamenti climatici e i guasti della modernizzazione. Nell'uno come nell'altro caso quella che si delinea è una radicale svolta post-cristiana, in cui il materialismo pratico e ateo delle nuove moltitudini non sembra costituire un problema.
Col diavolo in corpo. Vite maledette da Amedeo Modigliani a Carmelo Bene
Osvaldo Guerrieri
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2013
pagine: 319
"Maudit": quando Paul Verlaine scrisse per primo la parola non definì un carattere ma creò una specie. Diede cittadinanza ai crudeli, agli eccessivi, ai distruttivi e autodistruttivi che, come Arthur Rimbaud, affrontavano a muso duro il mondo con l'altera grandezza della loro arte. Era il 1884. Da allora, diramandosi da Parigi, il maledettismo ha bruciato le frontiere e ottenuto ovunque il proprio scandaloso certificato di identità. In questo modo anche l'Italia ha potuto dare un nome a quei suoi artisti che, dinamitardi nell'animo, hanno sconvolto le regole, le tradizioni e perfino un modo di pensare. Questo libro è un viaggio all'inferno. Infernali sono state le esistenze di Amedeo Modigliani, Dino Campana, Carmelo Bene. Nel nome dell'arte essi non hanno esitato a distruggere quel che avevano intorno e ad annientare se stessi nutrendosi di utopie, di alcol, di droghe, di sesso. Passaporti per il paradiso creativo? Forse. In questo loro dannarsi non sono stati soli. Nella loro scia maledetta sono entrati lo scultore Vincenzo Gemito, il pittore Franco Angeli con gli amici romani di piazza del Popolo Mario Schifano e Tano Festa; gli scrittori Curzio Malaparte, Pitigrilli dalle otto vite, l'anarchico agro Luciano Bianciardi, Giancarlo Fusco che di vite se ne creava una per ogni interlocutore; gli uomini di spettacolo Walter Chiari e l'inventore misconosciuto della canzone d'autore: Piero Ciampi.
Gli ultimi. La magnifica storia dei vinti
Domenico Quirico
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2013
pagine: 238
La Storia ha assegnato ad alcuni personaggi il compito, affascinante, crudele e immane, di liquidare o di scuotere dalle fondamenta costruzioni storiche secolari, possenti ideologie, imperi e regni che avevano quasi assorbito il mondo. Un compito tragico nel senso classico del termine: perché la maggioranza tra gli Ultimi si è caricata sulla schiena questo peso essendone pienamente consapevole. Tutti erano in qualche modo certi che, comunque avessero assolto l'impegno, sarebbero rimasti nella Storia con il marchio degli infami, dei vinti, di notai miserabili di una eredità dilapidata, di traditori di fedi che dovevano essere incrollabili. Non c'è riconoscenza per gli Ultimi che sono sempre dei vinti agli occhi dei posteri. Eppure il Mondo Nuovo, che sorge sulle ceneri del Vecchio, spesso è opera loro. Tanti i casi e le storie esemplari: da Dario, il fragile, umanissimo, disperato rivale di Alessandro, a Gorbaciov, tormentato e malaccorto affossatore dell'Impero rosso di Lenin e di Stalin; da Atahualpa, ultimo inca paralizzato dai presagi della fine a Pu Yi, che nacque imperatore nella città proibita e finì guardia rossa; da Romolo Augustolo, l'imperatore per conto di un padre che non voleva la porpora pur avendo il potere, a Benedetto XVI che scoprì all'improvviso che non si può guarire neppure la chiesa dall'ingiustizia e dalla stupida ferocia degli uomini.
Da Mussolini a Gheddafi. Quaranta incontri
Angelo Del Boca
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2012
pagine: 400
Come inviato speciale della "Gazzetta del Popolo", e poi del "Giorno", Del Boca ha incontrato alcuni tra i personaggi più rappresentativi di quel Novecento. Dal criminale nazista Adolf Eichmann al neofascista inglese Oswald Mosley al poeta spagnolo Marcos Ana che trascorse più di vent'anni nelle carceri franchiste. Da Rinaldo Laudi a Cesare Pavese, da Elio Vittorini a Marcello Breusa, italiani che incarnarono una certa idea di progresso civile al pari di Salvatore Quasimodo e Italo Pietra. Dagli indiani Jawaharlal Nehru e Vinoba Bhave agli israeliani Shimon Avidan e Iliana Sahnin. Dagli africani Maometto V e Félix-Roland Moumié ad Ahmed Sékou Touré, da Martha Nasibù a Haile Sellase, senza dimenticare due personaggi minori, come il caïd Saddok e Majok Ador Athuai. Esemplari, invece, saranno la giovane Madre Teresa di Calcutta, l'anziano Albert Schweitzer o il sudafricano Albert John Luthuli. Tre premi Nobel per la Pace, tre figure che impersonarono i migliori propositi del Novecento. E persino le numerose speranze disattese troveranno un loro epilogo: la tragica esecuzione del colonnello Gheddafi.

