La Scuola di Pitagora: Mille e una storia
Vite di Immanuel Kant
Ludwig Ernst Borowski, Bernhard Jachmann Reinhold, Andreas Christoph Wasiansk Ehregott
Libro: Libro in brossura
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2024
pagine: 320
Nel 1804 l'editore di Kant, Nicolovius, pochi mesi dopo la morte del filosofo, decide di pubblicare tre volumi accumunati dal titolo "Su Immanuel Kant": essi contenevano tre biografie di Kant scritte da persone che avevano conosciuto e frequentato a lungo il grande filosofo di Königsberg: Ernst Borowski (1840-1831), teologo e predicatore, che aveva ascoltato le lezioni di Kant già negli anni Cinquanta, Bernhard Jachmann (1767-1843) anch'egli studente di Kant e poi predicatore e infine Christoph Wasianski (1755-1831), studente e collaboratore di Kant, da ultimo amministratore delle sue sostanze ed esecutore testamentario. Le tre biografie talvolta dette - con qualche accento critico - "ufficiali" non sono esenti da errori, reticenze, imprecisioni o forzature, ma sono basate su una conoscenza diretta di Kant e del mondo nel quale il filosofo operò come tale e soprattutto offrono una dettagliata rappresentazione della sua vita quotidiana così come venne percepita da osservatori diretti. Le tre biografie vengono qui ripresentate, dopo molti anni, al lettore italiano, nella versione di Ervino Pocar e con una introduzione di Luca Fonnesu.
Lettere a Hans Klöres
Oswald Spengler
Libro: Libro in brossura
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2024
pagine: 216
Spengler non amava scrivere, tantomeno amava scrivere lettere. E le sue, infatti, non sono le lettere di un grande epistolografo. Eppure del suo vasto epistolario, finora inedito in italiano, le lettere indirizzate ad Hans Klöres negli anni decisivi - per lui come per l'Europa intera - dal 1913 al 1922, se non belle, sono sommamente importanti. Di esse, ad una prima lettura, le più impressive sono certamente quelle in cui il profeta del tramonto profetizza la certa vittoria della Germania nel primo conflitto mondiale. Ma in ogni pagina del breve carteggio con Klöres è Spengler quale uomo e pensatore che si rivela: ne viene fuori un autoritratto che completa l'autobiografia rimasta incompiuta, come tanti altri progetti letterari. Il saggio di Stefano Azzarà ci aiuta ad entrare in "questo" involontario laboratorio del Tramonto (ricordiamo che il secondo volume fu scritto proprio dal 1918 al 1922) e riapre la discussione sulla lettura pessimistica e al tempo stesso fuorviante che dell'opera è stata data, segno di una perenne e "intramontabile" rinascita di Spengler.
Intellettuali sotto due bandiere
Nino Tripodi
Libro: Libro in brossura
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2023
pagine: 680
«Con ciò non vogliamo dire che, per essere nel vero, entrambi sarebbero dovuti restare fedeli al fascismo vita natural durante. Vogliamo solo dire che la verità, per essere vera, avrebbe dovuto consigliare sia a Zangrandi che ad Aldo Moro un comportamento semplicissimo e nemmeno eccessivamente coraggioso. Invece di star lì a negare di essere stati fascisti e di avere partecipato da fascisti alle istituzioni del regime, avrebbero dovuto limitarsi ad ammettere: per me è vero che lo siamo stati, ma è anche vero che, le successive esperienze e la mutata realtà storica ci sconsigliò di continuare ad esserlo. Nessuno avrebbe potuto recriminare più di tanto (Mussolini replicò un giorno alla Sarfatti che solo i paracarri stanno fermi e non gli uomini, né le idee) ed essi medesimi si sarebbero risparmiata la pagliacciata di una gara sul migliore alibi difensivo del loro passato». È noto che Pirandello prese la tessera del Partito fascista dopo il delitto Matteotti e fu uno dei 250 firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti; ma Pirandello fu fascista senza averne alcuna utilità in cambio. Di molti altri, invece, prima fascisti e poi comunisti, prima inneggianti (servo encomio?) al Duce e al regime e poi denigratori, forse non si può dire la stessa cosa. Il primo a denunciare il cambio di bandiera, dal nero al rosso, di parte degli intellettuali italiani è stato Nino Tripodi, che era stato iscritto ai giovani universitari fascisti. La postfazione dello storico Giuseppe Parlato aiuta a chiarire il clima, le ragioni e il torto di un libro che è certamente di parte e indiscutibilmente polemico e che, tuttavia, nel 1978, portò alla luce la cruda verità che si tentava e si era tentato di nascondere, edulcorare o addirittura mistificare.
Storia della DC. 1943-1993: mezzo secolo di Democrazia cristiana
Giorgio Galli
Libro: Libro in brossura
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2022
pagine: 480
La prima edizione di questa Storia della Dc uscì nella primavera del 1978, nel pieno dell'emergenza del sequestro di Aldo Moro; una seconda edizione, aggiornata, nel 1993, l'anno che segnò la fine della Prima Repubblica e contestualmente del partito che la incarnò. Galli, lungo la trattazione, non disconosce i meriti della Dc, ma non esita a dichiarare nell'introduzione all'edizione del 2007 dell'opera: «Quello "stile di governo" è stato caratterizzato anche da rapporti con il crimine organizzato, in misura molto più elevata che nelle altre democrazie occidentali. La Dc ha ereditato la mafia, la camorra, la 'ndrangheta dalla storia italiana: ma ha trattato con loro invece di avversarle, le ha tollerate invece di combatterle. È ovvio che la Dc non era una "associazione a delinquere" (come pure negli anni Settanta fu accusata di essere), e che la storia del partito non è una storia criminale. Ma è altrettanto pacifico che il potere democristiano è stato costellato di scandali e ruberie, e che nella storia politica della Dc il crimine organizzato ha avuto un peso specifico». E ancora: «Certo gli "anni di piombo", e la stessa parabola del partito armato, richiamano un'altra grave responsabilità ascrivibile alla Dc: quella connessa alla "strategia della tensione", con la sequela di eccidi, delitti e attentati di matrice terroristica rimasti senza colpevoli, a partire dalla strage di Piazza Fontana. Responsabilità codificate dal fatto che il ministero dell'Interno, e il controllo degli apparati di sicurezza, è sempre rimasto in mani democristiane».
Storia del PCI. Il Partito comunista italiano: Livorno 1921, Rimini 1991
Giorgio Galli
Libro: Libro in brossura
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2021
pagine: 640
Nel gennaio del 1921 nacque il Partito comunista italiano. E nel gennaio del 1991 morì. La sua vita è durata in tutto settant'anni. Uno dei primi a scriverne la storia è stato Giorgio Galli: la prima edizione di questa Storia del Pci risale al 1953 (riedita con aggiornamenti nel 1958 e nel 1976); l'ultima, al 1991, anno dell'estinzione del partito. Grazie a un uso sapiente delle citazioni - la voce stessa dei protagonisti -, la monografia non ha perso il suo valore e il suo fascino, ai quali concorrono l'equilibrio dei giudizi e la felicità espositiva. Se la storia del Pci è segnata dal fallimento, da occasioni mancate e da errori dei dirigenti, è al tempo stesso accompagnata dall'inizio alla fine da nobili aspirazioni. «Quello che resta - scrive il grande politologo - della storia del Pci nella società italiana, anche in questi anni, al di là dei dirigenti, è il ricordo dei milioni di iscritti, delle centinaia di migliaia di militanti e di attivisti di più generazioni che nelle fabbriche, nelle cascine, nei sindacati, nelle amministrazioni locali, talvolta anche in Parlamento, si sono impegnati a ridurre il tasso di ingiustizia proprio della società capitalista, come di tutte le precedenti, e a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori subordinati e delle loro famiglie».
Ultimatum all'esistenza. Conversazioni e interviste (1949-1994)
Emil M. Cioran
Libro: Copertina morbida
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2020
pagine: 480
«Per me scrivere è un ultimatum all'esistenza», afferma Cioran in una delle preziose interviste raccolte nel presente volume, la maggior parte inedite in italiano. Preziose perché, affrontando questioni inusuali o scarsamente trattate altrove, irradiano altra luce su un pensatore nel quale non c'è differenza tra l'opera e la vita. Egli stesso ha ripetuto più volte di non aver mai inventato nulla, ma di essere stato soltanto il "segretario" delle proprie sensazioni e di aver composto i suoi libri per ragioni "terapeutiche", per sfuggire ad un'insofferenza radicale di sé e del mondo. Dopo aver scritto, lungo una vita, per non gettarsi nelle acque della Senna o cacciarsi una pallottola in testa, due anni prima di morire, Cioran ribadisce: «non si è tristi dopo una confessione di tristezza». E, per un felice paradosso, ogni lettore potrà dire: non si è tristi dopo aver letto Cioran.
La signora di Monza e altre storie patrie. Ediz. italiana e latina
Giuseppe Ripamonti
Libro: Libro in brossura
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2019
pagine: 103
Senza Walter Scott, probabilmente Alessandro Manzoni non avrebbe mai pensato di scrivere un romanzo storico. E senza gli storici lombardi del secolo XVII, non avrebbe mai ambientato la sua storia nella Milano sotto la dominazione spagnola. Sappiamo che nel 1821 Manzoni, ritiratosi a Brusuglio per consolarsi del fallimento dei moti, portò con sé un trattato di economia di Melchiorre Gioia e le Historiae patriae di Giuseppe Ripamonti. La grida del Seicento, in cui si parla delle violenze commesse per impedire delle nozze, che lesse nel Gioia gli diede l’idea del matrimonio contrastato; nel bel latino del Ripamonti trovò invece, per così dire, il sugo della sua storia: la Signora di Monza, le vicende di Francesco Bernardino Visconti detto l’Innominato, la peste, le gesta del Cardinale Borromeo. Nel Ripamonti può avervi trovato anche il rapimento di una promessa sposa. A proposito di quel ribaldo che «con l’enormità dei suoi crimini mostrava di disprezzare i tribunali, i giudici, i pubblici poteri e le autorità» il Ripamonti riferisce del rapimento della fidanzata di un principe straniero mentre veniva condotta a nozze. Nel romanzo manzoniano, come si sa, il rapimento, eseguito per conto di un altro, è il pretesto per il ravvedimento del personaggio stesso. Agli inizi dell’Ottocento, le storie milanesi del Ripamonti erano, come dice lo stesso Manzoni, «quasi interamente dimenticate». Nel 1841, un anno dopo l’edizione definitiva dei Promessi Sposi, Francesco Cusani traduce l’altra importante opera del Ripamonti, La peste di Milano del 1630, che per Manzoni fu la fonte principale sulla peste. Nel 1855, il conte Tullio Dandolo, in La Signora di Monza e le streghe del Tirolo riproduce – con traduzione a fronte – il capitolo delle Historiae patriae riguandante Virginia de Leyva. E l’anno seguente, senza testo a fronte, offre una scelta di brani, non tutti d'interesse manzoniano, tratta dalla stessa opera ripamontiana. Sulle orme del Dandolo, vengono riproposti, in traduzione e con testo latino, i capitoli delle Historiae patriae che sono stati l’ispirazione del romanzo forse più bello della nostra storia letteraria.
Per nulla al mondo. Un amore di Cioran
Friedgard Thoma
Libro: Libro in brossura
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2017
pagine: 140
Quando Cioran annotava nei suoi Quaderni che i discepoli di Martin Buber si opponevano alla pubblicazione delle lettere inviate dallo scrittore all'amante, dopo aver conosciuto «l'amore... fisico proprio alla fine della sua vita», naturalmente non poteva immaginare che una situazione analoga si sarebbe ripetuta per lui stesso. In tarda età Cioran fu infatti travolto dalla passione per una giovane professoressa tedesca, Friedgard Thoma, al punto di scriverle: «Lei è diventata il centro della mia vita, la dea di uno che non crede in nulla, la più grande felicità e sventura che mi sia capitata». Dopo la morte di Cioran, la Thoma raccolse in un libro le lettere dell'anziano filosofo, raccontò i loro incontri e narrò anche l'amicizia sorta con Simone Boué, la compagna di Cioran.
La quarta vigilia. Gli ultimi anni di Blaise Pascal
Bruno Nacci
Libro: Libro in brossura
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2014
pagine: 434
A Blaise Pascal, genio scientifico, massimo scrittore in prosa del Seicento francese, è dedicata questa meditazione biografica che lo segue negli ultimi quattro anni e mezzo della sua vita. Giorno dopo giorno, attraverso le lettere e i documenti interni al piccolo mondo di Port-Royal, emerge il contrasto tra la fede pura e coraggiosa delle religiose, le pedanti dispute teologiche dei solitaires e le manovre politiche della Corte e della gerarchia ecclesiastica.