Europa Edizioni: Tracciare spazi

"Nessuno è in grado di stabilire cosa siano la musica e la poesia, ma per qualche sconosciuta ragione siamo attratti da questi due piccoli immensi mondi. Senza tempo, senza senso e senza regole. La mancanza di regole è ciò che rende unica l'arte. L'arte è libertà. Libertà di esprimersi o di esprimere, di essere o non essere, di amare o detestare, di vedere o immaginare, ma soprattutto di sognare. Il sogno è l'essenza d'ogni vivere. È la resistenza verso ogni idiosincrasia." (l'autore)

È un viaggio, reale, ideale o solo immaginato quello all'interno del quale ci porta Bernardo Galli nel suo "Viaggi in versi". Un viaggio come metafora, totale, profonda, della vita, della ricerca. Il suo è un immergersi nei flutti del mare della vita e, attraverso il pensiero, riuscire a guardare al di fuori di sé, della propria piccolezza, della dimensione effimera dell'esistenza. La poesia di Bernardo Galli si muove su piani di assoluta trascendenza: la materia, le cose, la quotidianità, è tutto completamente celato dietro il velame di versi, riassorbito e trasfigurato con un occhio che penetra in profondità al reale.

"All'interno di questa sezione di componimenti più personali, vanno ascritte le liriche che naufragano nel mare limpido dei ricordi. Sono dei raggi di sole che spuntano impavidi fra le nuvole, dei lampi che rischiarano un cielo nero e ci proiettano d'improvviso nella casa paterna della poetessa, a fissare lo schermo di una tv insieme a genitori rigidi, imputati di un'educazione mancante di dialogo, scambio, a tratti soffocante. Riemerge la figura di una ragazza sempre smaniosa d'indipendenza, di voglia di andare via, di mettersi alla prova, di sfuggire alla banalità di una vita borghese e già scritta da altri. Ma, sempre più indietro nel tempo, riaffiora anche l'immagine bucolica di una bambina che andava a far funghi con gli zii 'vestita alla buona', coi pantaloni infilati dentro gli stivali di gomma e il cesto pieno di pane e uva fra le mani." (Dalla prefazione)

La silloge d'esordio di Pier Carlo Beretta colpisce anzitutto per la grande musicalità che connota le liriche, costruite con un sistema di rime baciate di tipo aa/bb. Tale schema conferisce al verso un andamento cantilenante (vedi ad esempio Filastrocca per bambini), a volte scherzoso (leggere a tal proposito Cavallina storta, in cui il poeta si diverte a giocare col capolavoro del Pascoli), altre quasi irriverente nella sua genuina spontaneità (Bravo ragazzo). La raccolta è assai variegata negli argomenti affrontati, soprattutto nella prima sezione ("Poesie per adulti"), mentre l'eterogeneità diminuisce nel secondo blocco ("Poesie per bambini"), affollato di componimenti aventi come protagonisti gli animali, che celano a volte un significato morale dietro i loro comportamenti umanizzati.

Non sono solo "Pensieri di donna", quelli racchiusi in queste pagine: è la stessa vita che bussa fortemente alla porta dell'animo di Silvia Rosa Tuttavilla, e che chiede di essere ascoltata. L'intento di questi versi è chiaro fin dalle prime composizioni: dare voce a un vissuto intenso e sentito. Per ricordare, certamente, ma soprattutto per non permettere ai momenti della vita di scorrere via senza lasciare traccia di sé. Quello che noi percepiamo leggendo questi Pensieri di donna, è prima di tutto il bisogno di condividere tutte le esperienze che la vita ha riservato a questa donna, magari non più giovanissima, ma piena di energia. Il percorso di Silvia Rosa Tuttavilla inizia da un lago: il lago di Porlezza, nelle cui acque chiare si specchiano i suoi occhi e la sua anima.

Questa raccolta di verità stupisce ancor di più perché scritta da un bambino di appena dodici anni. Ha scritto verità sulla vita che non ha ancora vissuto, sull'umanità che non ha ancora conosciuto, su dolori e gioie che non ha ancora provato ma... sono tutte verità. Età di lettura: da 12 anni.

L'ampio e intenso lavoro che presenta qui Bruno Rabitti nel suo "Pensieri nel tempo" si presenta come una silloge completa e complessa, che coinvolge molti livelli dell'inconscio e dell'esprimibile, che si muove in versi sciolti e fa leva sui sentimenti più forti dell'animo umano, osservandone con attenzione i desideri, le speranze e pudori. È indubbio che il primo soggetto che l'autore pone al centro del proprio obiettivo è proprio se stesso: la poesia diventa in questo senso una sorta di specchio in cui Bruno Rabitti può scrutarsi nel profondo e toccare con mano le proprie sensazioni, raccogliendole sullo spazio prezioso della pagina e impedendo così che si perdano.

Se a queste liriche provassimo ad avvicinarci con la ragione, per una comprensione meccanica, ordinaria, non caveremmo un ragno dal buco, perché esse ci obbligano ad un approccio che si muove su sentieri differenti. Sentieri inconsci, irrazionali, fatti d'immagini e di suoni più che di vocaboli. Sentieri densi di musica, di ritmo, di figure oniriche che ci trascinano nell'oceano delle emozioni, delle sensazioni, delle suggestioni. Queste poesie sono infatti incredibilmente ermetiche: non configurano concetti o cose dai contorni reali, bensì vi alludono; sono vento che sfiora le corde dell'animo, sussurra lamenti alle orecchie, accarezza le guance, socchiude gli occhi e colpisce la pancia. Il lessico è rarefatto all'inverosimile: la parola si sveste così dei finti significati sovrastrutturali con cui si maschera nel carnevale dell'uso comune, per tornare al suo senso primigenio, per caricarsi del suo valore primitivo dirompente.

"Questa raccolta di versi in dialetto romanesco rappresenta uno sconfinato atto d'amore verso Roma. Con lo sguardo incantato di un bambino, il cuore pieno di speranza di un innamorato, la rabbia di un amante deluso, di volta in volta Flavius, che non conosco di persona, ma solo attraverso le sue poesie, dipinge la sua Roma, oggi devastata da palazzinari senza scrupoli, vilipesa da maleducati di ogni sorta, ferita da gran parte di turisti ed immigrati, non rispettosi dei limiti di una civile convivenza. La città diventa, così, un meraviglioso palcoscenico di luoghi, personaggi ed anche animali, dipinti con la leggerezza e l'ottimismo propri di chi non vuole assolutamente arrendersi al peggio. Il lettore verrà coinvolto in un abbraccio affettuoso su temi e problemi che, spesso, direttamente non lo riguardano, mentre Roma sarà ancora una volta oggetto di righe appassionate e riconoscenti." (Giuseppe Palladino)

"Guardami nell'anima è una silloge poetica di rara particolarità: è una grande allegoria dell'essere umano scrutato attraverso i suoi molteplici vizi ma anche le sue virtù, percorrendo i "tipi" umani ma senza tralasciare situazioni ed avvenimenti che formano la sua indole e danno corso alla sua esistenza." (dalla prefazione)