Bollati Boringhieri: Temi
L'uomo è ciò che mangia
Ludwig Feuerbach
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2017
pagine: 144
Una formula ormai passata in proverbio e un filosofo bavarese in genere ricordato soltanto per averla coniata. Oggi, nel momento in cui la parte sazia del pianeta spinge al parossismo il discorso mediatico intorno al cibo, sostenere che «l'uomo è ciò che mangia» equivale a fornire allo spirito del tempo una parola d'ordine decisiva, 0 quantomeno un motto araldico adottabile a piacere da dietologi, cuochi, pubblicitari, politici, gente di spettacolo. Difficile preconizzare l'apoteosi attuale nel 1850, quando Ludwig Feuerbach azzardò quell'espressione in un articolo recensorio intitolato La scienza e la rivoluzione; e anche dodici anni dopo, quando ne esplicito l'insidiosa radicalità e la densità simbolica nel saggio “Il mistero del sacrificio, ovvero. l'uomo è ciò che mangia”, osservando come continuasse «a risuonare nelle orecchie di alcuni, ma solo come una nota stonata che offende l'onorabilità della filosofia e della cultura tedesche». Caduta da tempo l'accusa dì lesa maestà del pensiero, i due testi, qui raccolti, conservano tuttavia la loro carica di felice insolenza nei confronti di ogni idea sublimante e disincarnata dell'uomo Nello scritto più tardo, Feuerbach estende il perimetro del materialismo gastrologico alla divinità stessa: «sacrificare agli dei significa dar loro da mangiare». È l'atto di nascita della «gastroteologia».
Ho molti amici gay. La crociata omofoba della politica italiana
Filippo Maria Battaglia
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2017
pagine: 133
Non possono fare gli insegnanti né i capi scout, non devono baciarsi e tenersi per mano in pubblico, vanno curati e, se possibile, redenti. Da sempre la politica italiana dice di non avere «nulla contro gli omosessuali» eppure, da sempre, li discrimina. C'è chi invoca «sobrietà», chi domanda «discrezione», chi chiama in causa la Bibbia, chi ricorre a citazioni d'autore. Passano gli anni, cambiano i toni e gli interlocutori ma il risultato - nonostante gli ultimi passi in avanti - resta lo stesso: diffidenza e fastidio, fino all'aggressione verbale e all'insulto. Sin dal dopoguerra la crociata contro i «malati» egli «anormali» recluta quasi tutti: capi di Stato e di governo, ministri e parlamentari, segretari e leader di partito. Attecchisce a destra ma spopola anche a sinistra, coinvolgendo figure insospettabili e venerati padri della patria. «Ho molti amici gay» non è solo l'immancabile premessa di rito prima di ogni discorso omofobo, dentro e fuori dall'Aula. È la storia, succinta e dettagliata, di quanto la discriminazione e il pregiudizio contro gli omossessuali siano radicati nella politica e nella nostra società. Garantendo all'Italia l'infelice primato del Paese con la classe dirigente più omofoba in Europa.
Filosofia dei mondi globali. Conversazioni con Giacomo Marramao
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2017
pagine: 182
Un pensiero all'altezza della globalizzazione, ossia in grado di rimodulare le categorie necessarie a comprendere ¡1 mutamento di scala che ha sovvertito il nostro spazio-tempo: così, riconoscendole la rara qualità di novum filosofico, è stata subito accolta la riflessione che Giacomo Marramao ha dispiegato nel 2003 in Passaggio a Occidente. La sua risonanza ha valicato ambiti disciplinari e altri confini, mentre il titolo stesso assurgeva a espressione emblematica del transito - costitutivo di un'epoca - verso approdi glocalizzati e mondi plurali affacciati tra le pieghe di sfasature temporali. Negli anni, il saggio ha via via aggiornato il proprio osservatorio teoretico-politico, e nel 2012 con la traduzione inglese, condotta sulla nuova edizione del 2009, ha raggiunto un pubblico planetario. Lo testimoniano le «voci» qui raccolte, che entrano nel vivo delle tesi di Marramao e sanno farsi ascoltare come in un simposio greco. L'oggetto del dibattito è però attualissimo. Riguarda la trama lacerata dell'egemonia occidentale, drammaticamente incapace di produrre una società a partire dall'economia di mercato, e le forme in cui un orizzonte è ricostruibile, o almeno perlustrabile. In dialogo stringente con i suoi interlocutori, Marramao ha l'occasione di ridefinire ancora una volta i contorni dell'universalismo della differenza, che destituisce l'identità dal rango privilegiato che si era riservata, assegna una funzione strategica alla politica della traduzione, considera il conflitto una «dimensione cruciale e generativa», integra la razionalità comunicativa con la narrazione. Nella convinzione che il destino della totalità sia l'incompiutezza, e la sintesi solo una «formula insatura».
Da Lenin a Stalin. 1917-1937. Cronaca di una rivoluzione tradita
Victor Serge
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2017
pagine: 224
A cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre cosa sappiamo di quegli eventi? Quanto è rimasto nelle generazioni più giovani di quella storia complessa, violenta, alla lunga perdente – e tuttavia animata da un profondo afflato ideale, guidato da ideali di uguaglianza, giustizia e libertà –, che i libri di storia chiamano Rivoluzione comunista? I trentenni di oggi sono nati in un mondo che non è più diviso in due da una cortina di ferro. Dopo la caduta del muro di Berlino l'universo comunista si è rapidamente dissolto, e la storia di quel mondo, che una generazione fa era ben nota e aspramente dibattuta nel bene e nel male, è oggi quasi eclissata. Per questo è tanto più importante rileggere lo sviluppo di quegli eventi, il racconto dei primi vent'anni della Rivoluzione, descritti in questo libro forse dal più lucido, appassionato e lungimirante intellettuale e rivoluzionario dell’epoca. Attraverso la narrazione e il prisma interpretativo di Victor Serge – pensatore troppo presto dimenticato, come scrive David Bidussa nella prefazione di questo volume – percepiamo quel mutamento di fini, quello stravolgimento politico e ideologico che fu il passaggio dalla Rivoluzione comunista guidata da Lenin all'istituzione del regime dittatoriale di Stalin. Pochi, come Victor Serge, percepirono per tempo questo stravolgimento come il tradimento di un ideale, denunciandone pubblicamente la barbarie. Ben pochi, come lui, in Russia e in Europa occidentale, furono disposti a subire le conseguenze delle proprie idee, lottando fino all'ultimo per farsi sentire.
Wittgenstein e i limiti del linguaggio
Pierre Hadot
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2016
pagine: 144
Un'arte di vivere, un esercizio spirituale: ecco, secondo Pierre Hadot, la vocazione del pensiero antico. Dalla sua finalità eminentemente pratica avrebbe poi preso le distanze la svolta teoretica della modernità, posta sotto il dominio dell'astrazione concettuale. Su questa visione di Hadot, che ha contribuito come poche altre a reinterpretare le grandi scuole filosofiche dell'antichità, ebbe influenza una figura lontanissima dal suo ambito disciplinare, con cui qui si salda il debito. Negli anni cinquanta del Novecento, assorbito dallo studio del tardo neoplatonismo, Hadot incontra la filosofia del linguaggio di un contemporaneo pressoché sconosciuto in Francia, Ludwig Wittgenstein, e vi scopre una impensata affinità con l'esegesi che egli va compiendo dei testi mistici. Il logico e il mistico, il dicibile e l'indicibile reclamano dei regimi distintivi, sia per Hadot sia per Wittgenstein. E in entrambi la riflessione sui limiti del linguaggio si associa a una concezione della filosofia orientata alla forma di vita, non alla pura dottrina. Nei due capolavori di Wittgenstein, il Tractatus logico-philosophicus e le Ricerche filosofiche, tradizionalmente contrapposti, Hadot vede infatti all'opera il tentativo della filosofia – «malattia del linguaggio» – di procedere a un'autoterapia, ossia di guarire da se stessa. Dai discorsi filosofici occorre risalire alla forma di vita che li generati. «È in quest'ottica che ho cominciato a parlare di esercizi spirituali … per designare un'attività, quasi sempre di ordine discorsivo, sia razionale o immaginativa, destinata a modificare in sé e negli altri il modo di vivere o di vedere il mondo».
Bisogna saper perdere. Sconfitte, congiure e tradimenti in politica da De Gasperi a Renzi
Filippo Maria Battaglia, Paolo Volterra
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2016
pagine: 162
Si vince e si perde ovunque, non solo in Italia. Ma in Italia, più spesso che altrove, chi è vinto non accetta la sconfitta. "Bisogna saper perdere" racconta il declino, l'uscita di scena ma anche l'horror vacui dì alcuni degli uomini più potenti del nostro Paese. Politici che sono stati alla guida di un partito, o che hanno governato l'Italia per anni. Che hanno avuto a disposizione soldi e voti. Che hanno regalato sogni e speranze, e attirato invidie e diffidenze. E che prima o poi, inevitabilmente, hanno fatto i conti con il fallimento di un progetto o la fine di una carriera. Questo libro è una storia pubblica, ma anche un diario privato. Rivela i dubbi di Umberto II e Mario Segni, il risentimento di Parri e Prodi, l'amarezza di De Gasperi, il cinismo di Togliatti, gli insuccessi di Nenni e Fini, le fughe e la pervicacia di Fanfani e De Mita, la rabbia di Craxi, l'ostinazione di Berlusconi, fino all'irruzione di Renzi. C'è chi, ieri come oggi, grida al "colpo di stato", chi invoca i "brogli", chi si scaglia contro le congiure, chi prepara rivalse e vendette, chi ostacola con ogni mezzo la sua successione e chi ostenta distacco, finge l'addio, ma prova a mantenere il controllo su poltrone e programmi. Perché, a volte, saper perdere conta molto più di vincere. E soprattutto perché la sconfitta svela meglio di qualsiasi vittoria la natura degli uomini e la maturità di una democrazia.
Centauri. Alle radici della violenza maschile
Luigi Zoja
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2016
pagine: 149
Branchi di maschi nella frenesia dello stupro collettivo: la predazione si ripete dai primordi della storia, attraversando immutata il processo di incivilimento, impennandosi nel cuore del Novecento e guadagnandosi ancora oggi grande spazio nelle cronache. Che si consumi come crimine di guerra, che collabori a finalità genocidarie, oppure si "normalizzi" in brutalità quotidiana in tempo di pace, vi agisce la stessa istintualità della barbarie più arcaica. È il cono d'ombra dell'identità maschile. Su di esso si concentra lo psicoanalista Luigi Zoja, internazionalmente noto per l'indagine sull'altra polarità maschile, quella del padre. La conciliazione di biologia e cultura, più fragile e instabile nell'uomo rispetto alla donna, è esposta da sempre a squilibri. I centauri del mito greco, esseri metà umani metà animali, ne rappresentano la forma estrema. La loro orda non conosce altro eros che l'ebbrezza orgiastica accompagnata dallo stupro, "incontrollabile come un pogrom". A differenza del violentatore singolo, il gruppo non ha coscienza di commettere un crimine. Del centaurismo come contagio psichico Zoja scandaglia i motivi e ripercorre le manifestazioni: dalla schiavitù sessuale delle donne native durante la colonizzazione dell'America Latina, all'epilogo senza onore della seconda guerra mondiale, agli stupri ritualizzati come "terapia" per le lesbiche (il jackrolling attuale in Sudafrica), fino alle condotte abusanti del 31 dicembre 2015 a Colonia.
La decrescita prima della decrescita. Precursori e compagni di strada
Serge Latouche
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2016
pagine: 200
Gli sbandieratori del produttivismo e dello sviluppismo - anche nella versione contrabbandata per «verde» o sostenibile - vorrebbero accreditare un'immagine settaria e marginale degli obiettori di crescita: un manipolo di utopisti tardomoderni con l'ossessione recessiva di far cambiare rotta alla civiltà. Ma la logica trionfante del «cresci o muori» non può certo invocare maggior realismo, proprio quando si profila lo schianto del pianeta sotto il peso ecologicamente e socialmente funesto di iperproduzione, iperconsumo e iperscarto. Quell'insensatezza che oggi è diventata sinonimo di catastrofe viene da lontano, come chi in ogni tempo ne ha denunciato le storture che già si annunciavano mortifere. Si tratta di filosofi, poeti, economisti, romanzieri, politici, teologi, di cui Serge Latouche fa qui l'appello in quanto precursori, pionieri e compagni di strada. Tutt'altro che gracile, l'albero genealogico della decrescita vanta il fior fiore del pensiero critico e della sapienza di diversi continenti, configurando una storia delle idee alternativa. In felice promiscuità vi prendono posto cinici, epicurei e buddhisti zen, decrescenti di città e decrescenti di campagna, mistici e anarchici naturisti, oppositori dell'industrialismo agli albori e antiglobalisti attuali. Tra loro, anche qualche «infrequentabile» o inclassificabile. Da Diogene a Tagore a Orwell, da Fourier a Gandhi a Berlinguer, da Pound a Baudrillard a Terzani, si compone una schiera multiforme a cui Latouche ascrive a buon diritto la propria prospettiva di un'«abbondanza frugale, o prosperità senza crescita, in una società solidale». Con gli obiettori di crescita, Latouche parteggia per la «sobria ebbrezza della vita» invocata da Illich, e continua a metterci in guardia dall'abisso.
Il gene del diavolo. Le malattie genetiche, le loro metafore, il sogno e la paura di eliminarle
Barouk M. Assael
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2016
pagine: 185
È bastata una generazione di medici per mutare radicalmente la prospettiva sulle malattie genetiche. Un tempo erano accettate come una fatalità; oggi, in molti casi, possono essere governate, tanto che alcune di loro sono quasi sparite, come la talassemia, scomparsa da Cipro grazie a una decisione politica, o la malattia di Tay-Sachs, non più diffusa come un tempo tra gli ebrei ashkenaziti. Anche la fibrosi cistica si è ridimensionata in alcune parti del mondo e dell'Italia. La malattia genetica è come una "maledizione familiare", serpeggia tra le generazioni, scompare e ricompare. È cosa ben diversa da un'epidemia infettiva: mentre virus e batteri sono nemici esterni, visibili, identificabili, contro i quali è lecito, persino doveroso combattere, i geni non lo sono: la malattia genetica la porti dentro, è parte di te, è il diavolo in corpo. L'intervento sanitario contro le malattie ereditarie ha una valenza sociale. È una questione antropologica prima ancora che medica, dal momento che non mira a guarire i malati, bensì a diminuire l'incidenza del male nelle generazioni future. Sono stati diversi i modelli di intervento per il controllo delle malattie genetiche: si trovano in contesti culturali differenti e hanno esiti e motivazioni diverse, ben descritte in questo libro. Oggi si torna a parlare di programmi "neo-eugenetici", ma ancora pesano le metafore che il "gene del diavolo" porta con sé, le stigmatizzazioni sociali e persino, in certi casi, l'identità etnica di intere popolazioni.
Contro il mercato della salute
Iona Heath
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2016
pagine: 109
"Le persone sane sono persone malate che semplicemente non sanno di esserlo". La battuta di una vecchia commedia è uscita dai teatri per inverarsi negli attuali sistemi sanitari. Quel paradosso va sotto il nome, in apparenza confortante, di medicina preventiva: screening di massa attuati con sofisticate apparecchiature di misurazione biometrica rilevano minime anormalità spesso indolenti e non progressive, su cui agisce poi un trattamento farmacologico di correzione della "devianza". Sollecitudine per la salute pubblica o affare colossale per il complesso medico-industriale? Iona Heath non ha esitazioni. Assimila le politiche neoliberiste in materia di rischio epidemiologico a una "licenza a stampare denaro". Ma nella sua accorata accusa contro la "combinazione tossica di interesse personale e buone intenzioni" la dottoressa Heath, tra i medici più esperti e stimati del Regno Unito, non è sola. Ricerche scientifiche pluridecennali hanno ormai dimostrato che l'illusione statistica dell'efficacia della prevenzione dipende soltanto dall'ampliamento della nozione di malattia e dall'abbassamento della soglia dei protocolli di intervento. Il risultato di questo regime di sovradiagnosi e sovratrattamento è una medicalizzazione della vita che ci fa sentire tutti un po' malati, mentre storna ingenti risorse dalla cura di chi ne ha davvero bisogno, ossia le fasce soccombenti della popolazione.
Genealogie dell'Occidente
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2015
pagine: 208
Occidente: parola antica per una categoria geopolitica decisamente moderna, da declinare al plurale. Le idee di Occidente sono sorte dentro e fuori le frontiere che si venivano tracciando, ma le diverse origini a cui ciascuna faceva appello denunciano il proprio carattere di miti etico-politici, più che descrivere una genealogia reale. Sulle rappresentazioni o addirittura invenzioni dell'Occidente, sulle morfologie storiche e i dispositivi concettuali che ne hanno costruito la megaidentità tutt'altro che statica e intangibile, sulle linee di frattura che ormai lo attraversano correndo lungo l'asse planetario, riflettono qui insieme uno storico, due filosofi, un politologo ed economista, un geografo e un islamologo. Un'analisi a più voci necessaria a comprendere quanti stereotipi si siano addensati attorno allo schema binario Oriente/Occidente, il primo spirituale, intemporale, dispotico e seduttivo, il secondo egemonico, faustiano, produttivo e senz'anima, e come la cosiddetta civiltà occidentale non possa vantare una titolarità esclusiva sulla modernità, invocata sotto altra veste dagli occidentalisti asiatici e inscritta nel cuore stesso del radicalismo islamico.
Heidegger & sons. Eredità e futuro di un filosofo
Donatella Di Cesare
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2015
pagine: 148
Dopo la recente pubblicazione dei Quaderni neri di Martin Heidegger sono stati organizzati congressi internazionali, seminari e conferenze in tutto il mondo. Il dibattito ha varcato rapidamente i confini dell'Accademia e si è guadagnato le prime pagine dei quotidiani. Era molto tempo che il pensiero di un filosofo non sollevava un interesse simile, e per giunta in toni molto accesi. La questione dell'antisemitismo ha messo in dubbio, per alcuni, l'intero lascito del filosofo di Messkirch; altri, sul fronte opposto, hanno negato l'esistenza stessa di un problema, come se i Quaderni neri non fossero mai stati pubblicati. Donatella Di Cesare, protagonista di questo dibattito internazionale, si interroga in questo libro sul futuro del filosofo tedesco. Dobbiamo abbandonare Heidegger, dunque? O dobbiamo fare ritorno a Messkirch? Ripudiare il padre o difenderlo ciecamente? Tertium datur: occorrerà forse pensare con Heidegger contro Heidegger, percorrere un'impervia terza via, per giungere, traendo sostegno dalla forza del suo pensiero, a posizioni che, certo, non gli sarebbero piaciute.

