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Donzelli: Saggine

Orrenda strage a Milano. Piazza Fontana, la questione agraria, la finanza globale

Emanuele Bernardi

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2025

pagine: 196

«Legando urbanizzazione e crisi rurale, interessi agricoli e industriali, Nord e Sud, lavoro e finanza, politici e militari, movimenti di contestazione, organizzazioni sindacali e partiti, si può cogliere la dimensione della rottura integrale, di quel vero e proprio cortocircuito che gli stragisti del 12 dicembre 1969 puntavano a provocare». La strage di Piazza Fontana, avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969, rappresenta una ferita ancora aperta nella storia d'Italia. Una pagina strettamente legata a un inquietante dietro le quinte fatto di manovre politiche ed economico-finanziarie, prima e dopo quella data spartiacque. Se molte sono state le interpretazioni storiche e giudiziarie su quanto avvenne quel triste pomeriggio, in pochi si sono posti la domanda da cui parte questo libro: perché proprio la Banca nazionale dell'Agricoltura? Un quesito cui l'autore risponde, sulla base di fonti inedite e di interviste, avanzando la tesi che quell'attentato possa essere considerato una «gamba rurale» dei tessitori della strategia della tensione, fra politica e finanza. Che decisero di scegliere quell'istituto di credito fra tanti (insieme alla Banca nazionale del Lavoro e alla Banca commerciale), perché simbolo e realtà di un mondo rurale in crisi, di un'Italia attraversata da profondi sommovimenti sociali e in balia della finanza globale, intenta a conquistare aziende, banche, pezzi di mercato italiano, nel pieno di una vera e propria fuga dei capitali all'estero. Con un inquietante personaggio, Michele Sindona, interessato insieme ad altri gruppi finanziari inglesi e americani alla Banca nazionale dell'Agricoltura e duramente osteggiato dalla Banca d'Italia e da Mediobanca, guidata da Enrico Cuccia. Una guerra azionaria per il controllo di quell'istituto scoppiata ben prima di quel terribile 12 dicembre, fra dimensione nazionale e internazionale. Che toccò da vicino le rappresentanze di quel mondo ferito, quali la Coldiretti e la Confagricoltura, insieme ad organizzazioni pure centrali, come la Federconsorzi, invitate a svoltare a destra. Una guerra economico-finanziaria che s'intrecciò alla crisi politica, alimentando le manovre eversive in atto nel paese per la formazione di un governo autoritario di destra. Uno scenario scongiurato solo grazie alla mobilitazione dei partiti e dei sindacati in difesa della democrazia repubblicana.
18,00

Aspiranti fascisti. Vademecum per contrastare la più grave minaccia alla democrazia

Aspiranti fascisti. Vademecum per contrastare la più grave minaccia alla democrazia

Federico Finchelstein

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2025

pagine: 248

«Gli aspiranti fascisti sono estremisti che non hanno (ancora) toccato i livelli di fervore ideologico, violenza e menzogna raggiunti dai fascisti storici. Essi non sostengono apertamente il fascismo, ma gravitano verso stili e comportamenti politici di stampo fascista e rappresentano una pericolosa minaccia alla democrazia. Leader populisti come Trump non sono ancora fascisti poiché non hanno (ancora) distrutto la democrazia». Siamo in un'epoca di autoritarismi sostenuti da maggioranze elettorali: la nuova minaccia alla democrazia viene da leader eletti che usano i mezzi del fascismo per scardinare il sistema dall'interno. Federico Finchelstein, uno dei maggiori studiosi del fascismo e del populismo, analizza il fenomeno con grande lucidità: c'è una tendenza globale del XXI secolo verso una forma di autocrazia che, riprendendo elementi del populismo classico, lo ha tramutato in «aspirante fascismo». Se Trump e gli Stati Uniti rappresentano il caso più eclatante, la normalizzazione dell'antidemocrazia è ormai presente in diverse forme in ogni parte del mondo: nell'India di Narendra Modi e nell'Argentina di Javier Milei, in Israele con Benjamin Netanyahu, in Ungheria con Viktor Orbán e in Italia con Giorgia Meloni. Sono tutti «aspiranti fascisti»: non si proclamano apertamente fascisti, ma di quel sistema adottano i metodi, fermandosi – per ora – a un passo dalla dittatura. Secondo Finchelstein, dei quattro pilastri del fascismo – la violenza e la militarizzazione della politica, le bugie e la propaganda, la xenofobia, la dittatura – i primi tre sono già pienamente operativi in molti contesti politici attuali, manca solo il quarto. Ma sulla strada che porta alla dittatura fino ad ora questi leader hanno vacillato: il loro fascismo dunque è ancora solo un'aspirazione. Il 6 gennaio 2021 Donald Trump tentò un colpo di Stato; se fosse riuscito a portarlo a termine, probabilmente sarebbe diventato un dittatore. E tuttavia, dopo l'assalto a Capitol Hill, non soltanto Trump non è stato emarginato dalla politica, ma è rimasto il leader di riferimento della destra americana, e non solo, riuscendo a farsi rieleggere presidente. Forse la sua più duratura influenza sarà proprio la normalizzazione a livello globale degli aspiranti fascisti. Come considerare il trumpismo: una forma rude di autoritarismo o una forma blanda di fascismo? Rispondere a questo interrogativo è possibile se, come scrive Nadia Urbinati nella Prefazione al volume, «con Finchelstein, seguiamo il percorso storico del populismo come forma addomesticata assunta dal fascismo nel secondo dopoguerra». Questo libro è insieme una documentata analisi e un monito: se non impariamo a riconoscerli in tempo, gli aspiranti fascisti di oggi si trasformeranno nei dittatori di domani. La democrazia ha gli anticorpi per combatterli?
19,00

Le parole hanno una storia. Apartheid, colonialismo, crimini di guerra, genocidio, pogrom, sionismo

Le parole hanno una storia. Apartheid, colonialismo, crimini di guerra, genocidio, pogrom, sionismo

Marcello Flores

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2025

pagine: 144

«La cultura dei diritti umani ha bisogno, in questa fase storica, di fare un salto di qualità analogo a quello che è avvenuto dopo il 1945, per uscire da un tunnel di violenza che sembra inarrestabile. La corretta definizione delle parole è uno degli strumenti fondamentali di analisi e confronto, di formazione e acquisizione del sapere e, in ultima istanza, di tutela della democrazia e della convivenza civile». Quando pronunciamo parole come apartheid, colonialismo, crimini di guerra, genocidio, pogrom, sionismo, sappiamo esattamente a cosa ci riferiamo? Ne comprendiamo appieno il significato, la storia, le implicazioni? Le parole non sono solo uno strumento per comunicare, ma innanzitutto una classificazione e una riorganizzazione dell’esperienza sensibile, in relazione a conoscenze, competenze, valori. Questo è vero ancora di più quando ci inoltriamo nella sfera dei diritti umani, cui ci riconduce il piccolo vocabolario selezionato per questo volume da Marcello Flores. È bene entrare in questo ambito con cautela, senza approssimazioni né banalizzazioni, maneggiando con cura concetti che hanno alle spalle una storia ben precisa. La Dichiarazione universale dei diritti umani, la Convenzione sul genocidio, le quattro Convenzioni di Ginevra sulla protezione dei feriti, sui prigionieri di guerra, sulla protezione dei civili e delle donne sono alcuni dei testi fondamentali che, elaborati dopo la fine della seconda guerra mondiale, diventano punti di riferimento per la società civile e democratica. Una rivoluzione, nata dalla convinzione che occorre limitare il ruolo degli Stati, legandoli a valori che appartengono all’umanità, che vanno oltre le differenze storiche, culturali, religiose e politiche. Ma che ne è oggi dei diritti umani? Quali misure sono prese per prevenire o interrompere possibili genocidi? A cosa si deve la ripresa del razzismo e dell’antisemitismo, perfino in Europa? Non è facile essere ottimisti, ma è proprio in una situazione di questo tipo che il ruolo dell’opinione pubblica e delle organizzazioni non governative diventa fondamentale per una nuova offensiva della cultura dei diritti umani, ormai diventata puro discorso retorico. È in quest’ottica che si rivela cruciale recuperare la solidità e la concretezza di parole e concetti chiave. L’obiettivo di questo lavoro è consentire un confronto di idee lucido, impedire paragoni discutibili, favorire giudizi meno arbitrari: le parole hanno una storia, e solo se adoperate con questa consapevolezza si fanno vero motore di cambiamento, lo strumento più prezioso e potente anche per fare la storia.
16,00

Shock da libertà. La Germania, l'Est e l'ascesa dell'estremismo

Shock da libertà. La Germania, l'Est e l'ascesa dell'estremismo

Ilko-Sascha Kowalczuk

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2025

pagine: 192

«La libertà non è qualcosa che una volta data esiste per sempre. Ogni generazione, a patto che le vengano garantite le condizioni per vivere in libertà e in democrazia, deve acquisire di nuovo una pratica con essa. Molti tedeschi dell’Est non hanno vissuto o non hanno percepito il salto verso la libertà come una liberazione. È questo che io chiamo shock da libertà». Ovunque in Europa le forze politiche che aspirano a un ritorno di strutture statali autoritarie stanno riguadagnando terreno. In Germania l’ascesa degli estremismi di destra e di sinistra – dall’Alternative für Deutschland (AfD) all’Alleanza di Sahra Wagenknecht – sembra inarrestabile, e in particolare nell’ex Germania Est ha assunto proporzioni dilaganti. Com’è possibile che la democrazia liberale venga messa in discussione soprattutto in quella parte del paese in cui, con la caduta del Muro, sembrava che si fosse realizzata una rivoluzione pacifica per la libertà? In questo vibrante e appassionato pamphlet Ilko-Sascha Kowalczuk, autorevole intellettuale nonché tra i maggiori esperti di Germania Est, rilegge la storia della Germania dal 1989 ai giorni nostri, mostrando come l’esperienza della dittatura vissuta dai tedeschi orientali plasmi ancora oggi gli atteggiamenti politici e il comportamento elettorale di larga parte del paese. Nella «più grande prigione a cielo aperto d’Europa dopo il 1945» – così l’autore definisce il regime della Repubblica democratica tedesca – la libertà era preclusa, ogni aspetto della vita quotidiana era inquadrato dallo Stato in un ordine monotono e oppressivo. Con la riunificazione, i tedeschi orientali hanno guadagnato la libertà e la democrazia, ma si sono trovati a fare i conti con le sfide che esse pongono in termini di impegno e responsabilità personale, generando un senso di frustrazione e di insicurezza che ha spinto molti a rimpiangere la vita «sicura» sotto il regime. Kowalczuk, tedesco dell’Est di origini ucraine, descrive con particolare vividezza quella dittatura, smontando le «leggende» su cui è stata costruita e che l’hanno alimentata, e racconta le promesse e le delusioni della riunificazione a Est e a Ovest. La tagliente analisi degli ultimi trentacinque anni di storia tedesca che l’autore conduce in questo libro è essenziale per comprendere non solo la realtà attuale della Germania, ma anche le questioni cruciali che l’Europa si trova a dover affrontare, in primo luogo il rapporto con la Russia di Putin e la gestione del conflitto in Ucraina. La Germania Est, in questo senso, viene vista come una sorta di laboratorio della globalizzazione, dove si manifestano, prima che altrove, tendenze e sviluppi che minacciano di dilagare in tutta Europa. Quello di Kowalczuk è dunque un inno alla libertà, unico argine contro le tendenze antidemocratiche. Senza la libertà nulla è possibile, neanche la pace.
19,00

L'anello di Wagner. Musica e racconto nella tetralogia dei Nibelunghi

L'anello di Wagner. Musica e racconto nella tetralogia dei Nibelunghi

Giorgio Pestelli

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 288

«Wagner riscrive il mito in chiave moderna: pone al centro della vicenda la potenza del denaro e la lotta per il potere come antitesi alla libera volontà dell’uomo e alle leggi del cuore. Non celebra l’antica mitologia germanica, non restaura il mito, ma ne illustra la fine; non glorifica, smantella: fin dal principio c’è luce di crepuscolo, gli dei hanno fatto il loro tempo, L’anello del Nibelungo è la storia della loro fine». È l’opera della vita per Wagner. I quattro drammi che compongono L’anello del Nibelungo impegnano il compositore tedesco per quasi trent’anni (1848-76). Una lunga gestazione, durante la quale la riscrittura del mito germanico e la messa in musica si trasformano in un diario spirituale. Wagner intraprende questa impresa in uno dei momenti più inquieti della storia europea: «Il suo temperamento – scrive Giorgio Pestelli – era di quelli che creano meglio sotto la pressione degli eventi, se non degli affanni. Ma che Wagner abbia avuto la costanza di completare il monumento dopo tanti anni, fra ostacoli di ogni sorta, malattie, dubbi, crisi, inimicizie, tracolli finanziari, è uno spettacolo di forza e determinazione che ancora lascia meravigliati». Uno degli «ostacoli» è la scrittura del Tristano e Isotta (a cui questa nuova edizione dedica un capitolo specifico): un’«urgenza» personale, che induce Wagner a sospendere per dodici anni il lavoro sull’Anello. I fermenti rivoluzionari dell’epoca ispirano l’allontanamento dalla realtà al mito: così Wagner può osservare l’uomo in assoluto, affrancato dalla storia, penetrandone le passioni, prima fra tutte quella per l’«oro», il potere, che conduce solo a morte e rovina. È proprio dalla fine, dalla caduta degli dei che Wagner aveva iniziato il racconto. Presto però si rende conto che l’argomento che ha sottomano, la morte dell’eroe, per essere compreso appieno ha bisogno dell’antefatto. Da qui prende avvio una lievitazione della materia fino alle origini della vicenda: nasce così L’oro del Reno, e via via le altre opere dell’Anello. In questo andare a ritroso nella composizione Wagner inventa una dimensione del tempo narrativo che dal passato fluisce nel presente e viceversa, esercitando un influsso incalcolabile sulla narrativa di fine secolo. Ma in questo cammino a ritroso il grande impianto che aveva ideato, nemico al divino e celebrativo della libertà dell’uomo e delle leggi del cuore, entra in crisi: le inquietudini di Wotan, il padre degli dei, la sua lacerazione interiore sono il segnale più evidente che qualcosa si è rotto nelle certezze dell’esistenza. È vero, L’anello esprime al massimo grado la concezione wagneriana di «dramma musicale», simbiosi assoluta tra testo e musica, in cui tutto si tiene, tutto è necessario; anche i dialoghi e i monologhi sono cruciali; e nel volume, in cui Pestelli segue passo passo narrazione e sviluppo musicale, anche quei dialoghi e monologhi vengono aperti e spiegati, svelando un meccanismo teatrale dalla logica serrata. Qua e là, tuttavia, nel grandioso edificio dell’Anello, si scorgono crepe, fratture, cose non rifinite, dovute soprattutto a quella creatività impaziente di perfezioni formali con cui Wagner getta un ponte fra tardo romanticismo e decadentismo.
20,00

Italia minima. Sogni, emozioni e rabbia di un paese in movimento (1943-2023)

Italia minima. Sogni, emozioni e rabbia di un paese in movimento (1943-2023)

Maurizio Ciampa

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 224

Quella che avete tra le mani è una storia d’Italia, che si apre nella Napoli occupata dai nazisti e arriva fino ai nostri giorni, sulle coste di Cutro. Tuttavia, è una storia «scompigliata», cronologica ma non ordinata, nella quale i grandi eventi scorrono lontani, restando quasi sullo sfondo. Al centro del racconto c’è invece la «policroma umanità» che abita la storia, c’è la vita, o meglio le vite, di chi quegli eventi ha attraversato, portandone i segni nel proprio corpo e nella propria memoria. Esistenze minime, spesso dimenticate, ma capaci di raccontare, insieme, l’anima di un paese. «Della Storia – scrive Maurizio Ciampa – ci sono le briciole rimaste sulla sua tavola, i resti: il vapore caldo dei sogni, l’alito acre dei fallimenti, i battiti ardenti delle speranze, gli sferzanti colpi delle pene, e i suoni e le voci della vita che passa». "Italia minima" raccoglie così le paure, le aspettative, le irruzioni di felicità e gli schianti di rabbia che hanno accompagnato il cammino di un paese che, nell’arco degli ottant’anni qui considerati, da «straccione» qual era è diventato un paese moderno, ma ricco di contraddizioni. Dalla voglia di ballare dell’Italia del dopoguerra ai desideri di emancipazione delle donne, dai sogni del boom a quelli degli emigranti, dalla nostalgia del passato contadino ai ricordi degli operai, dall’incubo dei manicomi alle visioni di futuro, Ciampa invita il lettore a seguirlo tra le emozioni e i sentimenti che nel tempo hanno caratterizzato l’Italia come «comunità emotiva». Solo in questo modo, sostiene l’autore, è possibile recuperare quella dimensione «umana» della storia che solitamente tende a scomparire. Così, in questa biografia corale e collettiva, composta da schegge e frammenti, la scrittura si fa custode di cose e persone, ascoltando le pulsioni della vita e trattenendole, restituendo ad esistenze sommerse la propria voce.
19,00

Se socialdemocrazia è una malaparola. Le sei Caporetto della Sinistra italiana (1919-2022)

Se socialdemocrazia è una malaparola. Le sei Caporetto della Sinistra italiana (1919-2022)

Massimo L. Salvadori

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 96

Una Sinistra intesa a perseguire i valori, i principî e gli obiettivi della democrazia, della rappresentanza politica e della difesa sociale del mondo del lavoro in Italia ha ancora storicamente senso e un possibile avvenire? E se sì, su quali basi? Partendo da questo interrogativo, Massimo L. Salvadori tocca il cuore stesso dell’esistenza di un partito di Sinistra in Italia. Cosa vuol dire, oggi, essere di Sinistra? Nelle sue molteplici incarnazioni la Sinistra è stata invariabilmente respinta dalla guida del paese, subendo una serie di ininterrotte Caporetto: nel 1919-1922, ad opera del fascismo; poi, nell’aprile 1948, la sconfitta che inaugurò il lungo regno della Democrazia cristiana e dei suoi alleati; ancora, nel 1994, la vittoria di Berlusconi e l’inizio del suo ventennio al potere; passando, nel 2013 e nel 2018, per l’affermazione del Movimento 5 Stelle e poi della Lega; fino all’ultima, clamorosa Caporetto, nel 2022, che ha consegnato le redini del potere ad una Destra di matrice neofascista. In questa ormai lunga storia di occasioni mancate, di svolte in cui sembrava esserci la possibilità di diventare maggioritari e invece si è assistito all’esatto contrario, Salvadori ravvisa una costante: la «separatezza» della Sinistra dalla maggioranza degli italiani che, nei momenti di crisi dei sistemi politici, ne hanno rigettato gli orientamenti, schierandosi a favore di correnti politiche e sociali di volta in volta di centro, populistiche o addirittura di destra. Arrivando all’oggi, tuttavia, l’analisi si tinge di qualche speranza, qualora il PD di Elly Schlein, come ha dimostrato alle elezioni europee del 2024, si riveli capace di superare la distanza del partito dai ceti soprattutto popolari – ma non solo – che non si sentono più da esso rappresentati. Solo assumendo la fisionomia di una forza riformistica autenticamente socialdemocratica il PD potrà superare questa condizione di separatezza, di estraneità, dal corpo sociale e scongiurare in futuro nuove Caporetto.
15,00

L'Italia s'è desta. L'inno di Mameli: un canto di pace

L'Italia s'è desta. L'inno di Mameli: un canto di pace

Massimo Castoldi

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 192

«Il rapporto conflittuale degli italiani col proprio inno nazionale era ed è un sintomo evidente della relazione difficile, spesso imbarazzante, con la propria storia e soprattutto con quella più recente, di un popolo che ancora oggi stenta a riconoscere il filo rosso che lega le nostre battaglie risorgimentali all’antifascismo, alla Resistenza e ai principi fondamentali della nostra Carta costituzionale». Fin dal suo primo apparire l’inno di Mameli ha conquistato gli italiani, che subito lo hanno riconosciuto e sentito come espressione autentica del loro desiderio di unità e libertà. Vicende storiche e un linguaggio di non immediata comprensione hanno poi contribuito a oscurarne il messaggio di pace e di fratellanza, che lo distingue da altri inni più celebrati, a cominciare dalla Marsigliese. Il libro di Massimo Castoldi ci accompagna alla scoperta del significato autentico del testo, liberandolo dalle incrostazioni del tempo. Ci restituisce le prime redazioni autografe e a stampa e porta alla luce il ricchissimo patrimonio di fonti che lo hanno nutrito, svelando l’intreccio di ispirazioni e suggestioni, colte e popolari, celate nei suoi versi. Scritto a Genova nel 1847 sotto l’influsso di ideali mazziniani e repubblicani – e presto musicato da Michele Novaro –, seguì il suo giovane autore sulle barricate delle Cinque giornate di Milano, fino alla morte nella difesa della Repubblica romana del 1849. Cantato dai Mille di Garibaldi, celebrato da Carducci e Pascoli, fu ammirato da Verdi e da Toscanini. La monarchia gli preferì la Marcia reale e il primo fascismo lo mise al bando, salvo poi strumentalizzarne alcuni versi in direzione violenta e xenofoba. Parte della Resistenza lo fece proprio. Nel ’43 fu cantato dai confinati a Ventotene, mentre andavano verso la nave che ridava loro la libertà, e in questo spirito fu proposto come inno nazionale all’indomani del referendum da cui nacque la Repubblica. Era però una disposizione provvisoria. E nel secondo dopoguerra, tra individualismo crescente e perdita di sentimenti collettivi, periodicamente l’inno fu al centro di critiche, dibattiti e appropriazioni maldestre. Parodiarlo era diventato un vezzo di una parte della cultura di sinistra, cantarlo sull’attenti una consuetudine diffusa dell’estrema destra. Non è un caso se si è dovuto aspettare il 2017 perché fosse ufficialmente riconosciuto come inno nazionale: la storia della ricezione dell’inno di Mameli è anche e soprattutto la storia della controversa relazione degli italiani con l’idea di patria.
18,00

Tra le nebbie della P2. Memorie inedite di un capo dei Servizi

Tra le nebbie della P2. Memorie inedite di un capo dei Servizi

Pasquale Notarnicola

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 160

«Sono orgoglioso di aver fatto tutto il mio dovere a favore della patria e di non appartenere a quel gruppo di traditori che, nonostante il giuramento solenne prestato all’inizio della carriera, si è poi volto all’obbedienza di una loggia massonica segreta che certamente è la responsabile di tutti i depistaggi avvenuti nel corso e a seguito delle varie stragi». Dopo la strage di piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969), il paese prese consapevolezza dell’esistenza di una «strategia della tensione» che mirava a erodere le basi dello Stato democratico. Da quel primo attentato fu un susseguirsi di eventi sanguinosi, mai chiariti fino in fondo: dalla strage di Peteano a quelle di Ustica e di Bologna. Questi eventi non solo hanno destabilizzato fortemente la convivenza civile, ma hanno pure condizionato la storia del paese fino ad oggi. Di queste vicende parla con grande chiarezza il generale Pasquale Notarnicola, ai vertici del SISMI (Servizio di sicurezza militare) dal 1978 al 1983. Nelle sue memorie, oggi pubblicate per la prima volta, ricostruisce dall’interno una pagina tragica della storia italiana. Per molti anni, i processi per definire le responsabilità hanno visto una sorprendente alternanza di assoluzioni e condanne, tra depistaggi, falsificazioni e omissioni, dando all’opinione pubblica l’impressione che non si potesse mai arrivare alla «verità». Ma le inchieste sono proseguite e, anche grazie alle testimonianze di servitori dello Stato come Notarnicola, molte responsabilità sono state chiarite. Oggi infatti sappiamo che l’obiettivo della strategia della tensione non era ricostituire uno Stato autoritario, ma delegittimare il Partito comunista per impedirgli di avvicinarsi al governo, accusandolo di essere responsabile del caos che stava colpendo il paese. Inoltre, abbiamo certezza che i vertici dei servizi segreti e gruppi neofascisti come Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e i NAR hanno intrecciato la loro attività eversiva con quella dei Servizi segreti di alcuni paesi stranieri, delle Forze armate, del mondo politico e di organizzazioni internazionali come la loggia massonica P2, con i suoi ulteriori e oscuri intrecci con la criminalità organizzata. Il generale Notarnicola entra nelle pieghe più oscure di questi intrecci con la sua esperienza diretta, a tratti sconvolgente per il livello intricato di infiltrazione nei gangli vitali dello Stato da parte della P2 e del suo capo, Licio Gelli. Tuttavia, secondo Notarnicola, Gelli era solo la pedina di un sistema più grande e a lui superiore, così potente da ostacolare il generale nella sua attività investigativa, ostracizzarlo, depistarlo, per allontanarlo dalla verità. Angelo Ventrone – storico e studioso dei fenomeni eversivi nel nostro paese – ha ascoltato Notarnicola come testimone diretto di una stagione terribile, che tarda a farsi storia ma che deve essere portata alla luce perché la vita democratica possa proseguire senza ombre.
18,00

Potere di altro genere. Donne, femminismi e politica

Potere di altro genere. Donne, femminismi e politica

Giorgia Serughetti

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 160

«Si può sostenere che la vittoria di una donna sia una conquista per tutte, qualunque sia la sua storia, la sua visione politica, il suo rapporto con il femminismo, il suo modello di gestione del potere?». La nomina di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio ha inaugurato in Italia il primo governo con a capo una donna. Contemporaneamente, in tutta Europa e in diverse parti del mondo, leader donne stanno assumendo ruoli apicali e di responsabilità. Eppure, la popolazione femminile nel suo complesso subisce ancora le più gravi forme di sfruttamento, violenza, povertà, marginalizzazione culturale. L’inizio del nuovo millennio ha conosciuto un inasprimento degli attacchi a diritti e libertà ottenuti dal movimento femminista nel secolo scorso, con quella che è stata definita la più grande rivoluzione pacifica del Novecento; basti pensare all’offensiva sferrata da più fronti contro l’aborto, una conquista che, insieme al diritto di voto, aveva rappresentato un passaggio chiave di quelle lotte. Come si spiega una tale contraddizione? Attraverso un’analisi degli sviluppi più recenti della politica italiana e internazionale, Giorgia Serughetti riannoda i fili di questo paradosso. L’avanzare delle donne all’interno dei partiti reazionari e conservatori, lungi dal sovvertire le strutture di genere, ha fatto del femminismo un repertorio strumentale, piegato a fini ideologici, sovranisti e autoritari. Piuttosto che di «femminismo di destra» o di «femminismo neoliberista», si può parlare di appropriazione e distorsione del linguaggio femminista da parte di forze avverse all’obiettivo dell’uguaglianza. La retorica dell’ascesa individuale e della rottura del «soffitto di cristallo» occulta un potere sessista che mantiene metà del genere umano in stato di oppressione, e rimuove o addomestica la radicalità del pensiero e della tesi che attraversa le pagine è duplice. Da un lato, il femminismo politico, se non vuole essere ridotto a una serie di parole chiave buone per ogni uso e abuso, deve collocarsi con decisione dalla parte del cambiamento, della lotta per un ordine sociale giusto. Dall’altro lato, le forze politiche che intendono combattere le disuguaglianze e avanzare progetti di giustizia sociale devono porre le istanze del femminismo al centro della propria agenda. La battaglia delle donne può diventare strumento di liberazione per tutti coloro che si trovano ai gradini più bassi della scala sociale: per questo sono centrali le questioni del reddito, della divisione sessuale del lavoro, del razzismo, della violenza istituzionale sulle persone migranti, della cancellazione culturale e giuridica delle sessualità non conformi. Il femminismo è una forza trasformativa radicale, la ricerca di una buona vita per tutte, non per poche, che può avvenire solo attraverso la costruzione e l’attivazione di una nuova dimensione del potere, di un altro genere di potere, un potere di altro genere.
17,00

Il tempo dei femminismi. La storia delle donne come autobiografia

Il tempo dei femminismi. La storia delle donne come autobiografia

Michelle Perrot

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2024

pagine: 192

«La storia è stata scritta dagli uomini, con uno sguardo maschile che ha occultato le donne, generando silenzio e oblio. L’idea di reintrodurre le donne nella trama della storia non è dovuta solo a un approccio femminista. È prima di tutto un’esigenza di verità». Donne (e femministe) non si nasce, si diventa, si potrebbe dire parafrasando Simone de Beauvoir. In una narrazione insieme intima e collettiva, che unisce l’autobiografia alla storia, la filosofia all’attivismo politico, Michelle Perrot ricostruisce il percorso che l’ha portata, giovane studentessa nella Parigi degli anni sessanta, a diventare una storica e una femminista, e a scegliere di fare della storia delle donne il centro della propria ricerca. Quando era bambina, ricorda Perrot, suo padre le diceva sempre di non sposarsi troppo presto. Il suo desiderio più grande era quello di essere come tutti gli altri, di non essere diversa dagli uomini. Questo libro è l’occasione per guardare indietro e ricostruire la propria vita, riannodando il filo che dall’attivismo cristiano della sua giovinezza l’ha condotta al femminismo, passando attraverso il comunismo. Prima professoressa a insegnare la storia delle donne in Francia, Michelle Perrot ci accompagna in un viaggio lungo l’epopea del femminile, consentendoci di esplorarne tutte le ramificazioni: la storia della battaglia per l’uguaglianza, la storia del patriarcato, la storia del movimento femminista e del grande dibattito che lo percorre e lo anima – un dibattito continuo, relativo ai corpi, al tema del genere, all’opposizione tra universalismo ed essenzialismo nel rapporto con l’altro sesso, all’idea di sorellanza – fino ad arrivare al movimento #MeToo. Il pensiero illuminante di Michelle Perrot, che non tralascia nulla anche rispetto alle questioni più spinose, ci permette di decostruire e talvolta anche di superare le divisioni del femminismo contemporaneo, dando la misura della profondità storica delle lotte che ancora oggi percorrono le nostre società.
17,00

Le tre culture del Medioevo. Dotta, popolare, orale

Le tre culture del Medioevo. Dotta, popolare, orale

Massimo Oldoni

Libro: Libro in brossura

editore: Donzelli

anno edizione: 2023

pagine: 160

«La tradizione orale e la tradizione popolare sono come torrenti, e quell’acqua, che finisce nell’alto mare della cultura scritta, è un’inarrestabile sorgente di continuo rinnovamento. E, come ogni acqua, corre il rischio di essere inquinata: discariche orali e popolari, spesso luride, intenzionali e malevole, finiscono nella tradizione dei testi. Eppure questo non impedisce un’incessante evoluzione delle società dove donne e uomini esprimono sempre più forte il loro punto di vista e la loro partecipazione ai fatti con quell’“Io c’ero, io ho visto e ho raccontato…” che sta alla base di ogni processo comunicativo non soltanto del Medioevo». Questo libro cerca di capire che cosa rappresenti la cultura nella società medievale, individuata nei differenti settori sociali di consumo, dai più alti e colti ai più popolari e umili. Certo, la letteratura, cultura scritta, non è mai una sola e, forse, nemmeno è sempre letteratura: perché, prima di arrivare a un testo che qualcuno scrive, sono molte le fasi attraverso le quali quello che diventerà un testo sarà passato di voce in voce, di ambiente in ambiente. E nel continuo passaggio molti elementi possono modificare la storia di qualcosa o di qualcuno: per questo le cose non sono mai come sembrano, e anche per la cultura è così. Molte storie non sono mai state scritte, ma egualmente grande è stata la loro diffusione grazie alla memoria, alle favole raccontate, ai si-dice e agli amarcord di tanti anonimi. E sempre c’è stato un pubblico che ha ascoltato tutto questo e lo ha ritrasmesso, a voce e poi scrivendo: come se, prima di un testo scritto, esista sempre un testo orale, e prima di un testo cólto esista sempre un testo popolare. L’Europa del Medioevo è il grande scenario dove passano gli attori, noti o anonimi, di questo romanzo delle tre culture che raccontano storie vere. Personaggi illustri e anonimi, donne, bambini e vecchi, comparse e protagonisti, potenti e poveri disgraziati, umili e superbi, noiosi eruditi e divertenti creativi, angeli e demoni animano i capitoli, e non soltanto sullo sfondo si stagliano profili di città, abbazie, castelli e boschi che nascondono botole e agguati, pericoli e fragili certezze. I colori e le voci dell’Età di Mezzo emergono da un mare di lingue e di risonanze, di compunte preghiere e inarcate maledizioni. Nella vita, come nel Medioevo, niente è come sembra: in un continuo labirinto di direzioni sbagliate e vie giuste da trovare si muovono le tre culture: dotta, popolare e orale; si muovono fra tranelli e apparenze, generazioni e intelligenze. Un brulicare indimenticabile di certezze e di smarrimenti che riferisce come la cultura stia alla base di ogni cambiamento e ne tracci tutte le direzioni possibili.
16,00

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