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Al di qua delle Colonne d'Ercole. Scoperta e rappresentazioni del Mediterraneo

Al di qua delle Colonne d'Ercole. Scoperta e rappresentazioni del Mediterraneo
Titolo Al di qua delle Colonne d'Ercole. Scoperta e rappresentazioni del Mediterraneo
Autore
Argomento Scienze umane Storia
Collana Biblioteca di «Geographia Antiqua», 7
Editore Olschki
Formato
Formato Libro Libro: Libro in brossura
Pagine 274
Pubblicazione 05/2025
ISBN 9788822269461
 
29,00

 
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presso Libreria L'ippogrifo (Piazza Europa, 3)
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presso L' Ippogrifo Bookstore (C.so Nizza, 1)
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Spazio di traffici e di conflitti, il Mediterraneo rappresentò il centro del mondo per la civiltà greco-romana; ma come si arrivò a concepire la sua unità? La distinzione tra mare interno ed esterno alle Colonne d’Eracle fu un esito imprevisto della colonizzazione greca e fenicia fra VIII e VII sec. a.C. L’orizzonte geografico di Omero, infatti, era ancora circoscritto al bacino orientale del Mediterraneo e solo la colonizzazione portò ad ambientare le peripezie di Ulisse in Occidente, dove i coloni greci ritrovarono la Rupe di Scilla, le Isole di Eolo/Eolie e l’Isola di Circe/Circeo e l'isola delle Sirene. Così in Occidente, e più tardi nel Mar Nero, emigrarono con i Greci anche i culti eroici e i miti di Eracle e di Achille. In quanto parte essenziale dell’ecumene, il Mediterraneo venne descritto sistematicamente dai geografi antichi nei Giri della terra e nei Peripli, occasionalmente da Erodoto il padre della storia, per poi prendere forma nella cartografia. La funzione permanente svolta dal mare interno nelle costruzioni della cartografia, da Eratostene a Tolemeo, non ha però alcuna incidenza sulla riflessione storico-antropologica degli antichi, orientata piuttosto dalla tripartizione continentale del genere umano (Europa, Asia e Libia/Africa). In tale prospettiva si collocano anche le considerazioni svolte da Strabone, storico e geografo greco attivo al tempo di Augusto, sul Mediterraneo come “spazio dell’impero romano”. Nel Medioevo le mappae mundi cristiane ripresero l’immagine di una terra circolare con il suo mare interno, mentre nella civiltà islamica venne recepita precocemente la geografia tolemaica, come mostra la grande carta di Edrisi del XII sec. La riscoperta del Mediterraneo come spazio a sé si deve, però, alla cartografia nautica e al portolano, due prodotti originali della civiltà tardo-medievale. L’ultima parte del libro sposta l’attenzione sull’origine di un’idea che appartiene esclusivamente alle rappresentazioni collettive dell’età contemporanea: la nozione di “clima mediterraneo”, codificata nella seconda metà dell’Ottocento dalla geografia tedesca con Theobald Fischer.
 
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