Lanterna Magica

Ed è proprio di un "viaggio", il "viaggio" della nostra vita, un viaggio interiore di suggestioni, emozioni, sofferenze e serenità ciò di cui ci parlano le foto di Candido Baldacchino. Esse mai descrivono, ma evocano, in un gioco delicato e sottile tra lo svelare e il velare, la linfa vitale di qualsiasi esperienza. L'artista ci offre una sorta di "porta" composta da figure piu o meno definite nei contorni, ma pur sempre riconoscibili; non connota, non identifica un soggetto e o un contesto specifico, bensì l'essere umano nelle sue varie e molteplici manifestazioni impegnato nelle più diverse situazioni. Chi e quali? L'autore non ce lo dice, ci suggerisce stati d'animo e lascia che sia lo spettatore a scrivere la "storia" che più sente sua. Candido Baldacchino è nato a Torino dove tutt'ora vive e lavora. Essendo un appassionato della corrente cosiddetta "foto povera", le fotocamere da lui utilizzate per realizzare le foto raccolte nel libro Visual Perceptions sono: 5 fotocamere compatte digitali, di cui tre inutilizzabili per l'usura subita; il suo apparecchio feticcio, una vecchia Holga di plastica.

Sessanta riti propiziatori per la casa, l'amore, la salute, il successo e i soldi. La loro preparazione ed esecuzione pratica dagli appunti personali di una maga. Rosa Di Maio, in arte Real Lady, fu una delle prime sensitive ad apparire in tv, l'unica ad inventarsi "La notte magica", una diretta settimanale della durata di 6 ore non stop. Ventotto anni di trasmissioni tra dirette e repliche, fino alla prematura scomparsa il 3 Marzo del 2011, l'indomani della sua ultima apparizione in tv. Il suo desiderio era quello di salvare e partecipare gli altri tutto quello che aveva fatto. Lascia tanti suoi scritti, diari di un'esistenza intensa, quaderni di studi esoterici, preghiere, riti, consigli. Lanterna Magica Edizioni ha deciso di divulgare questi testi, come era nel desiderio della maga, raggruppandoli in una collana dal titolo "I quaderni di Real Lady", di cui "Rituali" è il primo volume.

"L'architettura moderna, funzionale agli interessi della finanza e del commercio globalizzati, tende ad omogeneizzare e al fotografo rimangono due percorsi opposti e stridenti tra loro: documentare il contrasto storia-contemporaneità o prelevare quanto di estetico può compensare una perdita di identità. Franco Cingolani privilegia questa seconda via, un percorso iniziato qualche anno fa che ora si è intensificato con solide visioni estetiche sul filo di un erotico piacere fisico frutto di un rapporto profondamente empatico con la Spagna, le città costiere e Barcellona in particolare"

Nessuna metropoli al mondo racconta se stessa come New York. Immensa. Verticale. Frenetica. Colorata. L'idea geografica della libertà. New York è l'infinito poliedro delle immagini e dell'immaginario. Sogno degli emigranti e approdo di ogni artista. È una città che vive anche negli occhi di chi non vi è mai stato. Come se il suo skyline fosse l'orizzonte di ogni pensiero umano. Il luogo dove lo spazio ed il tempo giocano con l'acciaio ed il vetro. La scacchiera in cui fluttuano i destini di milioni di persone. New York magnetizza lo sguardo e attrae l'obiettivo. Smarrirsi è facile in quel perenne mutamento. Così la macchina fotografica diventa lo strumento per fermare, magicamente, quell'immenso monolite e per cercare il frammento di verità di un tempo e di uno spazio in perenne movimento.

L'accostamento tra fotografia e poesia rappresenta un connubio ideale nella strategia della comunicazione: è sicuramente l'abbinamento più naturale e prolifico che si sia verificato sin dalle origini della nuova arte. Pensiamo solo a quante poesie sono state dedicate, sulla scia dell'emozione e dello stupore, al modo nuovo di dipingere con l'ausilio della sola luce del sole. Non a caso il lessico dei critici contempla come termine base il vocabolo poetica per indicare le modalità di restituzione della realtà attraverso lo sguardo del fotografo, il suo stile espressivo. Le poesie riportate nel libro si susseguono seguendo uno sviluppo storico ed in relazione alle funzioni che sono state attribuite nel tempo al mezzo fotografico: si inizia con i versi celebrativi che enfatizzano la novità del portento; si prosegue con i componimenti che pongono l'accento sull'analogia col meccanismo della macchina relativa alla registrazione e alla memoria (molto vicino alla grotta di Platone); si termina con la peculiare speculazione filosofica sul ritratto, sull'ambiguità e sull'essenza della fotografia.

"Oggetti d'affezione definiva Man Ray i risultati delle sue fotografie ottenute off-camera, e oggetti d'affezione sono le Holga con le quali Candido Baldacchino materializza le sue impressioni sullo scorrere del tempo. "Coast" è la terza pubblicazione di immagini realizzate dal fotografo torinese con la fedele compagna Holga. Ritagli di realtà coinvolgenti, dal fascino assicurato non appena si supera la soglia dell'inevitabile, ma davvero breve, spiazzamento al primo impatto di fronte ad esse. Le fotografie di Candido Baldacchino ci scorrono davanti calme, lente, come in un cortometraggio di Wim Wenders. Oscillano tra il ricordo e l'attualità. Proprio questo è il compito della fotografia: essa è nata per sottrarre al tempo l'azione nichilista che incombe sulle nostre vite sotto forma di angosce." (dall'introduzione di Vincenzo Marzocchini)

"La fotografia stenopeica crea le condizioni (lunghi tempi di esposizione) per un ascolto prolungato del mondo circostante stimolando un nostro lento ma efficace passaggio dal guardare al vedere. [...] l'attenzione verso gli altri e verso i luoghi non può essere mai frettolosa, non può stare tutta in un clic predatorio. La via della lentezza ci guida verso l'interno, ci rivela una visione più introspettiva, mistica, ascetica, più imponderabile (visione orientale), meno prevedibile, tecnologicamente inconscia, di cosciente incertezza e di attesa. [...] "Festina lente" - affrettati lentamente sostenevano gli antichi: ne trarranno vantaggio la creatività, la fantasia, la spontaneità e la meditazione sull'umana esistenza."

L'autore non cerca l'identità nelle persone che fotografa, al contrario fotografando cerca di eludere la propria identità ritrovando frammenti di se stesso negli altri. Sans papiers vuol dire senza documenti d'identità. E in fondo tutte le fotografie di John sono popolate da sans papiers, persone di cui non si conosce niente se non quell'istante che lo scatto ha voluto rapire alla loro esistenza.