Libri di Elisa Genovesi
Marta Rocher
Libro: Libro rilegato
editore: Electa
anno edizione: 2024
pagine: 256
La prima monografia su Martha Rocher (1920-1990), fotografa viennese trasferitasi a Parigi negli anni cinquanta, poi a Milano nei primi anni sessanta, la cui fisionomia riconosciamo in alcuni scatti privati e negli autoritratti allo specchio. Due decenni di cui la fotografa documenta il fervore del panorama artistico e culturale, come attestano i oltre duecentocinquanta scatti inediti in bianco e nero relativi a questa fase della sua carriera presenti nel volume, selezionati tra le oltre milleseicento stampe conservate nel suo archivio privato. Le immagini rivelano una sorprendente interprete della Parigi degli anni cinquanta e della Milano degli anni sessanta, che ha frequentato realtà vivacissime, al centro della scena dell'arte sperimentale, come la galleria di Iris Clert a Parigi o Il Cavallino di Venezia, e importanti rassegne d'arte come Exposition inteRnatiOnale du Surréalisme E.R.O.S. alla Galerie Daniel Cordier nel 1959, o le edizioni del 1956 e del 1962 della Biennale di Venezia. Rocher è apprezzata da alcuni tra gli artisti più innovativi del secondo Novecento, fra i quali Yves Klein, Jean Tinguely, Hundertwasser, Takis e, tra gli italiani, Emilio Vedova, Gianni Dova, Roberto Crippa, Lucio Del Pezzo. La fotografa li ritrae al lavoro o nei loro atelier, e realizza alcuni scatti emblematici come quelli di Yves Klein, nel suo studio, vestito da judoka o in posa davanti alle sue Antropometrie. Ritrae anche alcuni dei maggiori esponenti delle Avanguardie: Sonia Terk Delaunay, Meret Oppenheim (e la famosa performance Le diner sur la femme nue, 1959), Alberto Giacometti, André Breton, Oskar Kokoschka, Kees van Dongen. I saggi di Elsa Genovesi e Raffaella Perna, illustrati con una selezione di cataloghi e materiali a stampa che documentano la circolazione pubblica delle fotografie, allargano lo sguardo a una ricostruzione più ampia del clima artistico di quegli anni, mentre il testo di Alessandro Nigro approfondisce gli echi e le persistenze del Surrealismo nella poetica di Martha Rocher. Chiude il volume un ricordo biografico di Matteo Motolese.
Giovanni Carandente alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma (1955-1961)
Elisa Genovesi, Martina Rossi
Libro: Copertina morbida
editore: Silvana
anno edizione: 2023
pagine: 112
L'incarico di Giovanni Carandente come ispettore alle mostre alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, nella seconda metà degli anni cinquanta, sancisce l'inizio del suo impegno sistematico sul fronte della cultura artistica contemporanea, nel luogo che allora costituiva l'unica sede museale italiana a essa votata. In questo contesto, lo studioso arriva a dare con il suo operato un contributo fondamentale all'indirizzo espositivo e didattico promosso dall'allora direttrice, Palma Bucarelli, partecipando attivamente, così, a una delle fasi di maggiore militanza del museo nel proporre gli esiti più attuali dell''arte moderna'. Quella che emergerà non è la visione di uno storico dell'arte prestato occasionalmente a restituire i fatti salienti della realtà artistica contemporanea, ma l'azione di un vero e proprio critico militante alle prese con l'"aspro territorio dell'arte d'oggi". Attraverso lo studio di fonti inedite, si è potuta restituire a Carandente la paternità di audaci scelte allestitive, come pure l'ideazione di cicli di conferenze didattiche capaci di presentare al pubblico alcuni temi al centro del dibattito storico-artistico contemporaneo. Sul fronte del programma espositivo sarà esemplare il caso della mostra di Jackson Pollock (1958), in occasione della quale lo studioso determina il modo in cui il pubblico è chiamato a interfacciarsi con la dirompente novità della pittura dello statunitense. Dal punto di vista del programma didattico emergeranno invece due tematiche ricorrenti su cui si impernia lo sguardo sul contemporaneo di Carandente: l'arte astratta presentata quale linguaggio proprio dell'attualità e il rinnovamento del teatro portato avanti dall'avanguardia artistica nel Novecento, con una particolare predilezione per il balletto, da lui inteso come una sorta di scultura in movimento.