Libri di Elena Pontiggia
Paolo Minoli
Elena Pontiggia
Libro: Copertina morbida
editore: Giampiero Casagrande editore
anno edizione: 1991
pagine: 96
Alberto Magnelli. Catalogo della mostra
Maurizio Fagiolo Dell'Arco, Luigi Cavallo, Elena Pontiggia
Libro
editore: Pagine d'Arte
anno edizione: 2001
pagine: 144
Ironica. La leggerezza dell'ironia
Valerio Dehò, Elena Pontiggia
Libro: Copertina morbida
editore: Grafiche Aurora
anno edizione: 2006
pagine: 116
Giovanni Lomi. Le trasparenze del Novecento
Elena Pontiggia
Libro: Copertina morbida
editore: Mauro Pagliai Editore
anno edizione: 2009
pagine: 128
La pittura di Lomi non ricerca la teatralità e ama soffermarsi su tutto quello che non è appariscente. I suoi paesaggi, le sue marine (che sono il suo soggetto più noto e più amato), le sue vedute della Vecchia Livorno, come quelle dei laghi lombardi, le sue campagne con greggi e pastori, i suoi angoli di cascinali dove qualche donna cuce all'ombra e nell'ombra, ci parlano di un'arte sommessa, che non persegue l'eloquenza o il clamore. Nell'ambito della tradizione macchiaiola della quale respira l'inclinazione al vero e la sincerità espressiva, Lomi si distingue per una particolare vocazione alla misura, evitando ogni tematica solenne, così come ogni aspirazione al sublime. Fondamentale, nel suo percorso artistico, resta la capacità di tradurre l'impressione in una rinnovata visione sintetica della realtà.
Nino Bernocco. Liricità dell'immagine
Elena Pontiggia, Gianfranco Bruno
Libro
editore: De Ferrari
anno edizione: 2009
pagine: 184
Renato Vernizzi. Catalogazione generale del percorso pittorico
Elena Pontiggia, Luca Vernizzi
Libro: Copertina rigida
editore: Monte Università Parma
anno edizione: 2010
pagine: 1276
Dady Orsi. Lo spazio dell'altrove. Catalogo della mostra (Milano, 22-31 maggio 2024)
Libro
editore: Esseblu
anno edizione: 2024
Carlo Guarienti. La realtà del sogno
Vittorio Sgarbi, Elena Pontiggia, Stefano Sbarbaro, Diego Mormorio
Libro: Libro in brossura
editore: Fondazione Ferrara Arte
anno edizione: 2022
pagine: 232
Aubrey Beardsley
Elena Pontiggia
Libro: Copertina morbida
editore: Abscondita
anno edizione: 2022
pagine: 104
Scomparso a venticinque anni divorato dalla tisi, Aubrey Beardsley (1872-1898) è stato il maggior disegnatore europeo della fine dell'Ottocento, protagonista di quella irripetibile stagione inglese animata da Oscar Wilde e dall'estetismo dei dandy, e figura dominante di quegli anni novanta che vennero chiamati appunto «l'età di Beardsley». Negli otto anni (1890-1898) della sua ricerca, Beardsley ha superato il preraffaellismo, ha attraversato il simbolismo e il liberty, ha anticipato esiti espressionisti e astratti, ma tutte queste categorie non bastano a definire un'arte come la sua. La sua pittura è uno scandalo nella società vittoriana, per la sua sensualità e la sua capacità di esplorare - in anticipo sul Novecento - i territori del brutto e dell'osceno («Il bello è troppo difficile» dice a Yeats), ma anche per il distacco radicale dal realismo che lo porta a guardare all'arte giapponese, ai vasi greci, al Quattrocento italiano. Il libro ricostruisce, anche con documenti e scritti d'epoca, la vicenda biografica ed espressiva di Beardsley, soffermandosi analiticamente sulle principali opere dell'artista, di cui approfondisce la poetica e i significati.
De Chirico e l'oltre. Dalla stagione «barocca» alla neometafisica (1938-1978)
Libro: Libro in brossura
editore: Silvana
anno edizione: 2022
pagine: 192
Il volume, che comprende circa settanta opere provenienti dalla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico di Roma, ricostruisce due importanti momenti della pittura dechirichiana: la stagione “barocca” e la stagione neometafisica. La prima si sviluppa dal 1938 al 1968, quando de Chirico (che nel 1939 lascia Parigi e torna in Italia, dividendosi fra Milano e Firenze, prima di stabilirsi nel 1944 a Roma, dove rimarrà fino alla morte) si ispira a Rubens, ma anche a maestri diversi, da Dürer a Raffaello e Delacroix. Le sue opere non sono realiste, ma vogliono creare un mondo ideale e irreale, una finzione più vera del vero. “Noi amiamo il ‘non vero’”, scrive. E anche: “La realtà non può esistere nella pittura perché in generale non esiste sulla terra”. Le opere “barocche”, dunque, nonostante il loro apparente naturalismo, sono ancora meta-fisiche (letteralmente “al di là della natura”): sono cioè una metafisica della natura, rappresentano una natura che in natura non esiste. Il de Chirico “barocco”, inoltre, misurandosi con i maestri antichi e dipingendosi in abiti del passato, mette in discussione la modernità: è anzi il primo postmoderno. L’ultima parte è dedicata alla stagione neometafisica, cioè al decennio 1968-1978, in cui de Chirico riprende a dipingere manichini, Piazze d’Italia e altri enigmi, con nuove rielaborazioni e invenzioni. La neometafisica si differenzia dalle copie, che l’artista esegue quasi tutta la vita, per un mutamento di motivi e di significato. Con un’accentuata ironia, colori più accesi e cadenze più giocose, de Chirico si stacca dalla visione nichilista degli anni dieci e reinterpreta in forme più serene, anche se non prive di qualche malinconia, i temi del passato. Alla pittura pastosa della stagione “barocca” sostituisce una pittura fondata sul disegno e sulla costruzione nitida delle forme.
Scritti, interviste, lettere
Felice Casorati
Libro: Libro in brossura
editore: Abscondita
anno edizione: 2022
pagine: 224
Il volume raccoglie tutti gli scritti di Felice Casorati (Novara 1883-Torino 1963), uno dei massimi artisti italiani del ventesimo secolo, maestro del Ritorno all’ordine di statura europea. Ai testi teorici, in cui Casorati condensa la sua poetica e discute il concetto stesso di arte, si affiancano in queste pagine conferenze e interviste in cui ricostruisce vivacemente il suo percorso espressivo, le sue esperienze, i suoi amori intellettuali. Completa il volume una serie di toccanti lettere giovanili, comprese in un arco di tempo che va dal 1907 al 1920. Percorse da accenti intimisti e malinconici che si caricano a volte di coloriture crepuscolari, secondo la sensibilità dell’epoca, queste carte ci restituiscono un’immagine dell’artista diversa da quella che contraddistingue la sua maturità, ma radicalmente lontana anche da quella freddezza di cui tante volte è stato accusato. «I miei candidissimi detrattori» ha scritto Casorati «amano, nei miei riguardi, parlare di freddezza di cerebralità di astrattezza o che so io: termini tutti che nella loro imprecisione suonano, all’incirca, sinonimi; che equivalgono, cioè, al dire che la mia pittura è staccata dalla vita. L’accusarmi – con questi lumi – di essere freddo o non abbastanza sensuale – non è che negarmi una certa limitata forma di sensualità. Chi potrebbe negare la sensualità di Ingres, soltanto perché il suo colore non è quello di Delacroix?».