Libri di Paola Ombretta Cuneo
Matrimonio e ripudio a Roma e nei territori dell'Impero
Paola Ombretta Cuneo
Libro: Libro in brossura
editore: Giappichelli
anno edizione: 2025
pagine: 528
In questo volume, passando innanzitutto attraverso le diverse teorie di autorevoli Maestri, ma rileggendo in particolar modo le fonti antiche, si è cercato di ricostruire la natura del matrimonio e del ripudio, due temi connessi tra di loro, relativamente all'epoca imperiale e tardoimperiale. Si arriva, dunque, a vedere in epoca imperiale il matrimonio nella realtà sociale e nella configurazione giuridica come atto che si concretava in determinate formalità, nel cui compimento si identificava la nascita del rapporto. Nel tardo Impero il matrimonio non è qualcosa di assolutamente diverso, ma certamente subisce una decisiva evoluzione. La coesistenza di diverse popolazioni nell'Impero ha forgiato un nuovo diritto matrimoniale, permeabile agli usi locali. Le linee del diritto matrimoniale appaiono sempre più chiare e lo testimoniano anche i Padri della Chiesa, così immersi nella società del loro tempo, da mostrare, talvolta, al di fuori dei ragionamenti teologici, una terminologia giuridica consapevole, anche se non sempre tesa a definire il matrimonio romano. Per quanto riguarda il ripudio, molto diffuso in epoca imperiale, si rinviene una ricerca di forma, nella presenza di testimoni e, quindi, nella esigenza di pubblicità e ogni qual volta si faccia ricorso alla notifica del libello. In epoca tardoimperiale, nonostante le invettive dei Padri della Chiesa, il ripudio è ancora ammesso, pur essendo limitato dalle costituzioni imperiali. Tra queste, fondamentale è quella di Costantino, che ammetteva il ripudio solamente in presenza di cause lecite, quando, cioè, il coniuge aveva commesso gravi crimini (l'elenco è tassativo), per i quali era stabilita la pena della deportazione, che all'epoca non faceva venire meno il vincolo matrimoniale. In questo modo il ripudio avrebbe garantito un futuro al coniuge del condannato. Con Teodosio II, invece, se da un lato si voleva rendere sempre più difficile il ricorso al ripudio per il favor liberorum, dall'altro si ampliava il numero delle cause lecite, offrendo ai coniugi più occasioni per esercitare tale diritto e all'Impero un maggior controllo all'interno della famiglia.
Sequestro di persona, riduzione in schiavitù e traffico di esseri umani. Studi sul «crimen plagii» dall’età dioclezianea al V secolo d.C.
Paola Ombretta Cuneo
Libro: Libro in brossura
editore: LED Edizioni Universitarie
anno edizione: 2018
pagine: 140
Il crimen plagii dall’età dioclezianea al tardo impero è diventato, rispetto al crimine in origine previsto dalla lex Fabia, un contenitore di fattispecie diverse che coesistono tra loro: in quest’epoca il crimine individua sovente più azioni criminose: il sequestro di persona, la riduzione in schiavitù e il traffico di esseri umani. Spiccano in questi secoli due costituzioni: una prima di Massimiano, che individua un «reato continuato» al fine di applicare la pena più grave nei confronti dei colpevoli di plagio ogni qualvolta si riscontri un concorso di persone nel reato; un’altra singolare costituzione è quella di Costantino, la quale prevede pene severe in caso di aggravanti e riguarda un crimen plagii ancora più riprovevole, in quanto le vittime sono i minori. L’analisi delle fonti giuridiche mette in evidenza le trasformazioni di questo crimine, la gravità che questo rappresentava per l’impero, il conseguente inasprimento delle pene, ma, soprattutto, come in tempi diversi erano andate a enuclearsi fattispecie differenti intorno a quelle previste dalla lex Fabia, mentre d’altra parte avevano continuato a coesistere le diverse procedure nonché le diverse pene comminate.

