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Libri di A. Rovatti

La ghigliottina. Riflessioni sulla pena di morte

La ghigliottina. Riflessioni sulla pena di morte

Albert Camus

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 107

È del 1766 il discorso dell'avvocato generale al Parlamento di Grenoble, Servan: «Drizzate le forche, accendete i roghi, portate il colpevole nelle pubbliche piazze, chiamatevi il popolo a gran voce: voi l'intenderete allora applaudire alla proclamazione dei vostri giudizi, come a quella della pace e della libertà: voi lo vedrete accorrere a questi terribili spettacoli come al trionfo della legge». Alla perorazione dell'avvocato, ripresa in seguito nei fatti e nel tono dal Terrore rivoluzionario, Albert Camus contrappone l'appello all'Europa: «Senza la pena di morte Gabriel Péri e Brasillach sarebbero forse ancora tra noi, e noi potremmo emettere senza vergogna un giudizio su di loro, secondo la nostra opinione, mentre invece sono essi che ora ci giudicano, e noi dobbiamo tacere». Sì, per il grande scrittore francese i condannati a morte ci giudicano, loro che già sono stati giudicati da una giustizia che si vuole definitiva e risarcitoria, senza comprendere che la simmetria degli omicidi annulla la possibilità stessa del risarcimento e della necessaria prevenzione dei delitti. La pena di morte non scoraggia gli assassini, si limita a moltiplicarli. A tal punto che «non è più la società umana e spontanea che esercita il suo diritto alla repressione, ma l'ideologia che, regnando, esige i suoi sacrifici umani». Un testo, quello di Camus, la cui attualità è vivissima, oggi che l'erogazione della morte per mano del boia è del tutto scomparsa in Europa ma rimane ancora nella piena disponibilità di Stati e comunità nei quali l'irriducibilità della vita umana sembra perdere il valore che aveva acquistato subito dopo l'immensa carneficina delle guerre mondiali.
13,00

Il ritorno di Monsieur Hulot. Due conversazioni e altri saggi

Il ritorno di Monsieur Hulot. Due conversazioni e altri saggi

Jacques Tati

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 121

«Quello che ho cercato di fare dall'inizio - da "Jour de fète" e dal primo cortometraggio che avevo realizzato con René Clément - è di rendere il personaggio comico più veritiero. C'è stata, è vero, una scuola del film comico dove il personaggio arrivava con un cartellino dicendo: "Vedrete, io sono il buffone della serata, posso fare un sacco di cose, so fare il giocoliere, so ballare, sono un attore, sono un bravo mimo, so raccontare delle storielle". Era la vecchia scuola del circo, o del music-hall, che è poi la stessa cosa. Da parte mia ho cercato di dimostrare che, in fondo, tutti sono divertenti. Non è necessario essere un comico per far ridere. Ho visto un giorno, per esempio, un signore molto serio che doveva recarsi a un consiglio di amministrazione - e aveva il cappello adatto a questo genere di dimostrazione; avendo chiuso la portiera dell'auto con la chiave - sapete che c'è una sola serratura - si era ricordato di non aver chiuso quella opposta. Aveva pertanto fatto il giro per andare a chiuderla dall'esterno. Ma così facendo la cravatta gli era rimasta impigliata nella portiera. Si ritrovava così con una portiera chiusa e le chiavi in mano, ma non poteva raggiungerla. Evidentemente poteva cavarsela sciogliendo la cravatta, ma la mattina quando se l'era messa non aveva certo pensato di doverla togliere. Non è necessario essere un grande comico per trovarsi in una situazione comica. [...] Vorrei riuscire a fare un film, non lo nascondo, senza il personaggio di Hulot, solo con persone che vedo, che osservo, che incontro per la strada e dimostrare che, nonostante tutto, nella settimana o nel mese può sempre capitare loro qualcosa, e che l'effetto comico appartiene a tutti». (Jacques Tati)
15,00

Il futuro dell'Africa. Lettera a un amico africano

Il futuro dell'Africa. Lettera a un amico africano

Emmanuel Mounier

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2017

pagine: 97

Questi brevi scritti sull'Africa di Emmanuel Mounier, apparentemente poco più che appunti di viaggio, in realtà strutturano un discorso sul Continente Nero fortemente coerente con l'impostazione "personalista" del filosofo e uomo di cultura francese. Tra il 1946 e il 1947, pochi anni prima della sua morte, avvenuta nel 1950, il fondatore della rivista "Esprit" visita buona parte delle colonie francesi nell'Africa occidentale. Chiare le preoccupazioni politico-culturali: nell'avviarsi del processo di decolonizzazione quale futuro è prevedibile, e auspicabile, per territori che offrono una quantità inalterata di problemi alle genti che con fatica li popolano? Sono trascorsi settant'anni da queste pagine ma lo sviluppo dell'Africa non si è realizzato. Anzi, è diventata terra per lo shopping dei potenti della globalizzazione che si accaparrano risorse, grandi appezzamenti, fomentano contrasti fra i popoli del continente nero che sfociano in guerre sanguinose. Oggi si sente dire spesso, a fronte della massiccia immigrazione dai paesi del nordafrica, "aiutiamoli a casa loro", che alla luce della storia recente e dello sfruttamento che l'Occidente ha fatto di questi popoli e di queste terre suona certo un po' ipocrita. Era, pur con le evidenti ipoteche paternalistiche dell'europeo civilizzato, anche l'idea di Mounier. Ma come metterla in pratica oggi con senso di giustizia?
13,00

L'antisemitismo e l'Affaire Dreyfus

L'antisemitismo e l'Affaire Dreyfus

Bernard Lazare

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2017

«L'Affaire Dreyfus aveva cambiato il modo di vedere di Lazare - scrive Stefano Levi Della Torre -, e un effetto analogo aveva avuto su Theodor Herzl, giornalista e scrittore ben inserito nella società viennese, ebreo quasi dimentico ormai di essere tale. Di fronte al massiccio fenomeno antidreyfusardo, entrambi, Herzl e Lazare, scoprivano che, contrariamente alle loro aspettative, l'assimilazione, la normalizzazione degli ebrei nelle società europee era una prospettiva precaria se non illusoria. Herzl concepì un'altra strada e un altro tipo di normalizzazione: il popolo ebraico disperso in ogni paese, senza terra propria ed esposto alla persecuzione avrebbe normalizzato se stesso e i propri rapporti con gli altri popoli se avesse costituito un proprio Stato su una propria terra... Lazare convenne in un primo tempo con Herzl: la questione ebraica era un problema di riscatto nazionale. In una conferenza agli studenti russi del 1898, Lazare aveva spiegato la sua concezione della questione nazionale ebraica. Che cosa c'è di comune tra gli ebrei del mondo? Non la religione: ci sono ebrei credenti e non credenti, panteisti alla maniera di Filone di Alessandria o a quella di Spinoza, ci sono dei positivisti, dei materialisti e degli atei. Non la razza... Ciò che unisce gli ebrei è soprattutto la storia, che comporta tradizioni e costumi comuni. "Noi guardiamo le cose sotto una visuale che ci è comune". Gli antisemiti hanno ragione quando sostengono che l'essere ebrei non si riassume nel fatto religioso, "certo non sanno perché, ed è semplicemente il loro odio a conferire a essi una Confusa chiaroveggenza"; che li fa più vicini alla verità che non i giornali che difendono l'ortodossia religiosa come elemento principale dell'appartenenza ebraica. Lazare registrava la resistenza degli stessi ebrei ad accettare una prospettiva nazionale... Ma vedeva "qualche milione di esseri umani che sono stati sottoposti per secoli alle stesse leggi interne ed esterne, che hanno vissuto in conformità agli stessi codici, che hanno le stesse concezioni e gli stessi costumi: essi chiamano ancora se stessi con il loro medesimo nome di ebrei e hanno la coscienza di appartenere a uno stesso gruppo; Che cosa posso ragionevolmente concludere? Che questi milioni di individui formano una nazione"».
15,00

Venezia

Venezia

Julius von Schlosser

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2016

pagine: 119

"'Una corona di città fiorenti, simili a ninfee sospese su uno stelo flessibile e altrettanto effimere, cingeva una volta le isole del Rialto, sulle quali doveva nascere la loro figlia ed erede più felice, Venezia'. A trent'anni, quando parla di Venezia, Julius von Schlosser ha l'occhio incantato e preciso di Monet, che nello stesso decennio inizia a dipingere le Nymphéas. Come lui potrebbe ritrarla a tutte le ore e i minuti, sorvolandola dalle nubi dei suoi vedutisti - Canaletto, Bellotto, Guardi - o sprofondando tra le palafitte come i suoi marangoni, i magici carpentieri che rappezzano i legni putrefatti dall'acqua, sottraendo Venezia alla morte. Nella sua luce di Fata Morgana proietta tutti i paesaggi che dalla preistoria si sono mutati senza requie in quel miracolo orientale di specchi cangianti, colpendo per sempre l'immaginazione di Turner, di Ruskin, di Proust, di Yeats, di d'Annunzio, di Frederick Rolfe e di Federico Fellini, che a Venezia voleva dedicare il suo film più impossibile, modello della sua stessa mente: la sua natura riflessa e inafferrabile. Le origini di Venezia e Venezia nel XVIII secolo, editi sull''Allgemeine Zeitung' nel 1897, compongono un capolavoro di erudizione e ispirazione, tra le testimonianze più belle verso la Serenissima, a opera di uno dei più grandi storici dell'arte." (Rosita Copioli)
15,00

traversata con Don Chisciotte

traversata con Don Chisciotte

Thomas Mann

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2016

pagine: 94

Traversata con Don Chisciotte ha come origine e sfondo il primo viaggio di Thomas Mann negli Stati Uniti nel 1934. Il 17 maggio prende il treno in direzione di Parigi e il 18 s'imbarca a Boulogne sul Volendam, una nave passeggeri olandese. Arriva a New York il 29 maggio. II 1O giugno tiene una conferenza su Goethe all'Università di Yale. Il sindaco di New York organizza in suo onore un banchetto con 300 invitati, per festeggiarne il cinquantanovesimo compleanno. Il 9 giugno torna verso l'Europa sul Rotterdam. Come deve occupare il suo tempo uno scrittore che dispone di dieci giorni di riposo forzato? Osserva il suo entourage, legge, prende appunti. La sua posizione è la stessa che nella sua attività ordinaria: integrato alla comunità sociale, ne rispetta gli usi, e si isola esclusivamente per esercitare le facoltà proprie dello scrittore. Traversata con Don Chisciotte è così un esercizio di alto stile che mescola i generi: diario di viaggio, autobiografia, estetica, meditazione filosofica, osservazione sociale, politica, psicologica. Perché il Don Chisciotte, tra decine di libri possibili? Ciò che spinge Thomas Mann a investire in quest'opera, è anche il fatto che rappresenta un testo fondamentale della civiltà cristiana. L'umanesimo cristiano è ai suoi occhi uno dei pilastri della moralità occidentale. Rinnegarlo comporta uno scadimento dci valori umani in generale. A questo mirano i nazisti. Prefazione di Lionel Richard.
13,00

Il peccato. Un dibattito

Il peccato. Un dibattito

Libro: Copertina morbida

editore: Medusa Edizioni

anno edizione: 2016

pagine: 115

Il 5 marzo 1944, raccogliendo un invito di Marcel More, un piccolo gruppo di scrittori, filosofi, intellettuali francesi si raccoglie a Parigi attorno a Georges Bataille, che pochi mesi prima aveva pubblicato presso Gallimard L'Expérìence intérieure, per discuterne le tesi a partire da una sua relazione incentrata, per decisione dello stesso Bataille, sul concetto di peccato. La situazione, il tema, i partecipanti al dibattito e il suo andamento giustificano largamente l'interesse che da subito suscitò la pubblicazione del resoconto di questa discussione. La situazione in cui More organizza l'incontro è il primo aspetto a colpire i lettori. La discussione sui temi proposti da Bataille si svolge infatti a Parigi, in una fase cruciale della guerra, poche settimane prima che la città sia liberata dalla occupazione tedesca; e pare in effetti per certi versi singolare, quasi sfocato rispetto alla realtà che li circonda, che Bataille e i suoi interlocutori - e che interlocutori! Tra gli altri, Sartre e Simone de Beauvoir, Klossowski, padre Daniélou, Merleau-Ponty e Jean Hyppolite, Michel Leiris e Maurice Blanchot, Camus, Marcel, Louis Massignon - possano incontrarsi proprio in quel frangente per discutere a lungo e con passione della natura del peccato o della possibilità della comunicazione. Il gruppo di intellettuali immerso nel confronto con Bataille sembra a un primo sguardo chiuso in una dimensione inattuale, quasi insensibile al rumore che la storia produce attorno...
12,00

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