Libri di Gianfranco Bertoli
La pelle del coniglio. Dialogo tra Gianfranco Bertoli e Tonino Zana
Gianfranco Bertoli
Libro: Libro rilegato
editore: La Compagnia della Stampa
anno edizione: 2021
pagine: 192
"Era da tempo che pensavo alla stesura di un libro che in qualche modo raccontasse qualcosa della mia vita, non per desiderio narcisistico, ma per un'esigenza sentita e molto forte di far conoscere ai miei cari e alle persone a me più vicine quelle parti di me che probabilmente – temevo o pensavo – non avevano mai conosciuto. La parte più conosciuta, certamente è quella di una persona che ha attraversato e che ha conosciuto tanti successi e tante cadute, attraversate comunque come un guerriero apparentemente indistruttibile, ma che ha finito per mettere in ombra le parti di me più fragili, più introverse e probabilmente più sconosciute. Sentivo però forte l'esigenza di poter presentare i sentimenti, le emozioni e le paure che hanno attraversato la mia vita, avvertendo in me la difficoltà di poterle scrivere, di poterle fare arrivare alle persone alle quali ho dedicato questa piccola fatica. Conoscevo Tonino Zana da anni ci eravamo incrociati alcune volte, un po' avevo letto di lui e riconoscevo nella sua scrittura quello che stavo cercando: la capacità di descrivere le emozioni. Ecco che allora ha iniziato a farmi parlare e secondo me è riuscito pienamente ad aprire il mio cuore."
Carteggio 1998-2000
Alfredo M. Bonanno, Gianfranco Bertoli
Libro: Libro rilegato
editore: Edizioni Anarchismo
anno edizione: 2013
pagine: 480
Gianfranco Bertoli ammazza quattro persone e ne ferisce molte altre davanti alla questura di Milano nell’anniversario dell’uccisione del commissario Luigi Calabresi. La sua intenzione era quella di gettare una bomba nell’atrio della questura in occasione della inaugurazione da parte di Mariano Rumor di un busto al “Commissario finestra”. Io non ho conosciuto Bertoli di persona, non ho avuto con lui che uno sporadico scambio epistolare quando mi trovavo nel carcere di Bergamo, ben presto chiuso perché malgrado la sua disponibilità, in fondo, avevamo all’epoca poche cose da dirci. Poi le lettere, le sue lettere. A volte un profluvio, tanto da riempire la pagine fino all’ultimo, senza lasciare neanche un piccolo spazio, a volte più lontane una dall’altra, per diventare alla fine svagate, quasi testimonianza della fine imminente. Non sono una lettura piacevole, né le sue lettere, né le mie. Ma non mi corre l’obbligo di dilettare i miei pochi lettori. La scrittura di Gianfranco è ridondante, ripetitiva, ricca di raddoppi aggettivali che rendono la lettura difficoltosa, ma sono la testimonianza diretta di un uomo che soffre, di un uomo debole che continua a soffrire.