Libri di Gian Marco Manzo

La tenera storia di un pinguino bianco e della sua diversità. Un racconto che parla di sogni, speranza, desideri che superano anche le alte mura di un destino che sembra già scritto. Una favola che mostra che non esiste cielo troppo alto quando le nostre ali hanno così tanta voglia di volare. Età di lettura: da 7 anni.

Non era semplice essere diversi. Per Alessandro, almeno, non lo era. Da poco laureato in psicologia, era in quel momento della vita in cui si cerca ardentemente la propria strada. Ma intanto scriveva, scriveva sempre, carta e penna erano per lui salvezza. E poi sognava l'amore, un desiderio così difficile da realizzare. Almeno fino a quando incontra Michela: una relazione straordinaria e travagliata, che lo costringerà a fare i conti col passato. Per essere libero, per essere finalmente se stesso.

Quante volte la fragilità, la sensibilità, i nostri meravigliosi difetti, sono stati guardati, da altri o da noi stessi, come macchie di debolezza dell'anima. Come forme d'arte da tener nascoste per non lasciare uno spiraglio di ferita, come dipinti da serrare in cantina per non aprirli alla sofferenza. La diversità spaventa. Il dolore, un'emozione da vivere nella solitudine delle nostre mura. Il sorriso, l'unica maschera da indossare per non sconvolgere i tempi. Un corpo perfetto, l'involucro per la strada dell'accettazione. "Così fragile che ti si vede il cuore" è una raccolta di poesie e dialoghi che, attraverso la bellezza delle parole e della psicologia, desidera ridar luce a tutte quelle splendide sfumature di noi stessi che le persone non hanno cura di guardare, o che mettono negli occhi troppa paura. Fragilità e sensibilità sono qualità che permettono di viverci puri, di rivederci ancora bambini, di andare a fondo nella vita senz'affondare, di salvare nel mondo uno sprazzo di bellezza. I difetti, le nostre differenze per le quali veniamo ricordati, per i quali veniamo amati. La diversità, una ricchezza. Il dolore, un'esperienza fondamentale da cui non rifuggire, che ci permette di morire e rinascere, come dalle lacrime un fiore. Non siamo solo la società in cui viviamo. Non siamo la foto col sorriso in un social network. Non siamo quello che gli altri si aspettano o desiderano. Siamo noi stessi, ch'è molto di più. Ognuno col proprio bagaglio di meraviglia e sofferenza. Ognuno bello nella propria unicità. Ognuno con le sue crepe di fragilità. E da quelle crepe esce un casino di luce.

"Da piccolo, quando andavo al mare con i miei, mi capitava spesso di giocare con dei bambini che avevano strane macchie colorate addosso. Io, curioso fin dalla culla, chiedevo a tutti cosa fossero quelle particolarità. Alcuni, col colore del fuoco, mi rispondevano 'è una voglia di fragole', altri, con dei chicchi sulla pelle, mi spiegavano che la loro mamma, quando li teneva in grembo, desiderava tantissimo del caffè, ma che un papà molto premuroso non glielo preparava per paura facesse male a tutti e due. E via così di latte, caffelatte, vino o salmone. Arricchivo la mia caleidoscopica conoscenza del derma infantile, provando invidia per la mia pelle così poco fantasiosa. Poi, col passare degli anni, capii che nemmeno io ero immune a quello strano e affascinante gioco. Forse, quando mia madre era incinta di me, deve aver ricevuto da papà meno affetto di quello che desiderasse. Io nacqui con una voglia di amore che solo in pochi riuscivano a vedere. E rimase lì, nascosta, per tutta la vita." (L'autore)